sabato 13 febbraio 2010

Il ragazzo di città



La campagna intorno è un pezzo di presepe e il ragazzo di città cammina col piglio dell’iconoclasta. Scalcia le margherite, calpesta l’erba, minaccia le lucertole di morte imminente e dolorosa e sputa alle api come farebbe su corpi di nemici morti, stremati da una faida secolare. Per il resto, è pacificato. Jeans chiari, camperos, camicia a quadri aperta e sotto la maglietta definitiva: quella di Space Invaders con ancora quattro vite tutte da usare e l’astronave piazzata in alto a sinistra per chi guarda. A proposito dell’astronave: è appena spuntata o sta scomparendo fuori campo? All’orizzonte si profilano montagne da spaghetti-western, desolate in apparenza e soltanto se stringi l’inquadratura per nascondere paesi pieni di sagre e privi di saghe. Il ragazzo di città arriva fino a uno spiazzo erboso accogliente, leggermente in discesa. Si toglie la camicia e ne fa una tovaglia da pic-nic, su cui deposita la pietanza di se stesso. Aspetta. Fuma. Si pente. Nessuno dovrebbe fumare a milleseicento metri e non per l’impatto devastante che avviene a polmoni aperti. È la natura intorno, cazzo. È il pezzo di presepe, il rispetto dovuto ai santi o a chi per loro, ai progettisti di panorami, a vostro signore, a quello che ci ha messo le mani per rendere l’Abruzzo un posto perfetto per una scampagnata o per innamorarsi di qualcuno che non ti ama. Il ragazzo di città butta la sigaretta, non senza appuntarsi un post-it mentale: raccoglierla prima di andare via, l’Abruzzo pulito dipende anche da te. L’aria si fa fresca, il pranzo con i parenti è passato attraverso le varie fasi della digestione e adesso rappresenta un problema di smaltimento che in Parlamento ne parlerebbero per anni. Il ragazzo di città è autorizzato dall’urgenza. Tra pochi giorni tornerà a Roma e quell’evacuazione fuori dagli schemi diventerà un aneddoto per le serate morte: Una volta l’ho fatta dietro a un cespuglio e mi sono pulito con le foglie. Succede che la fa e che in contemporanea la terra trema come un tagadà. Il rapporto causa-effetto è un po’ fuori scala: sono stati potenti, i gas intestinali, ma non al punto da accartocciare in meno di venti secondi il paese di fronte ai suoi occhi. E lui rimane così, a bocca aperta. Da lontano è un airone spettinato dal vento. Da vicino è un ragazzo di città, che ha la fortuna di avere quattro vite di scorta. Le userà a dovere, anche se l’astronave da trecento punti è già passata da un pezzo.

martedì 2 febbraio 2010

La scelta



Da lontano, Sara è ancora una bella donna.
Questo pensa Nicola, appostato davanti al fioraio Johnny.
Sara, sei stata, sarai. Pensa il fioraio Johnny, che ha velleità da poeta.
Nicola ha le spalle abbastanza grandi da contenere le mie paure, pensa Sara.
Ma con Johnny sarebbero petali ogni giorno. E di ogni colore.
Scattano tre sorrisi dal significato preciso, si prendono decisioni, si accettano scommesse. La Snai quota alla pari la coppia Sara e Johnny, mentre Nicola ha la quota dell’outsider, della sorpresa di giornata.
Il bambino Tommaso ha un nome alla moda e vuole dei fiori per il compleanno di sua nonna, stringe cinque euro come una bandiera pirata, stropicciata ma mai doma. Johnny sa che seguire questo cliente gli farebbe perdere posizioni nel tour a tappe dell’amore. Il bambino Tommaso alza il vessillo, chiede consiglio. Nicola capisce l’attimo, la Snai si mangia le mani, cavallari esperti esultano in vista del traguardo. Ma Nicola è un gentiluomo, saluta Sara con la mano e cerca una strada sicura da percorrere da solo, con un groppo in gola e il sorriso del giusto stampato sulle labbra. Johnny ha fatto felice un bambino e una nonna, ha guardato da vicino una ex-bella donna e urla quel nome con quanto fiato ha in gola:
- Nicola! Stasera ci vieni al biliardo?
Che un amico è la scelta migliore, anche se nell’altra busta ci mettono un miliardo.