mercoledì 25 maggio 2011

Lamento di un vecchio lupo grigio



78 anni e sentirli tutti. Ho acciacchi che prima erano solo indolenzimenti. Non mi ricordo che ho mangiato a pranzo, ma so tutto di quella ragazza di Bologna, mezza pazza e senza vergogna, era del 1940 e mi insegnò cose odorose e la differenza tra uscire ed entrare. Ho un figlio e due nipoti, me li godo come gelati a maggio, li esonero dal natale, pasqua con chi vogliono loro, il mio compleanno è una telefonata breve, mi portano al mare almeno due volte l’anno. Mia moglie è andata, tanti anni fa. Viva e arzilla, tranquilli. Sta con uno di Bergamo, che ha la pensione e l’accompagno e una casa al lago. Io ho una macchina da lavare il sabato, la copro con una copertina grigia: 850 special, grigia anche la macchina. La gente mi dà spesso ragione, a che serve discutere con uno che ti batte in esperienza e che non sa niente delle nuove scoperte della scienza? Maestro di vita, ma senza alunni, leggo il giornale al parco che te lo sfoglia il vento, insieme a uno che non lo paga, ma sbircia contento. Te lo ricordi Domenghini? E Gramsci? Lui annuisce, senza denti, e vedo che viaggia con la mente nei posti che conosco io, quando si fumava al cinema e sui tram chiamati desiderio inatteso. Non gioco a bocce, non vado a ballare, mi concedo il piacere sapido della lettura, sorrido ai vigili urbani e alle signore col cane e sento di piacere ancora. Ma sarà vero? O è un ricordo prodigioso di me stesso con gli zigomi alti e le rughe piccoline, messe intorno agli occhi come reti da farfalle? La vecchiaia è quando aumenta la differenza tra il dentro e il fuori, quando non puoi sospirare in attesa di giorni migliori. Ogni ora è un’ora in più, questo fatto è vero dal giorno che nasciamo. E, in fondo, la data di scadenza non la vediamo mai. Ne prendiamo atto, a un certo punto. Sorrido, stavolta a vuoto. Sono usato, tenuto bene, vecchio ma non consunto. Mi lavo e mi metto sulle gambe una copertina grigia, proprio come i miei capelli. I nostri erano tempi diversi, signori miei. Non più brutti, certo. Ma neanche tanto più belli.