tag:blogger.com,1999:blog-57188989573527579292024-03-13T07:27:46.231+01:00cuori da barLollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.comBlogger115125tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-30716688430675252032012-10-09T16:55:00.000+02:002012-10-09T16:55:50.071+02:00Il ragazzo nerd e la ragazza di burro<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAZZci6dpdEJMGbGv2D74rxvF4x2-1gk-9JIoGHhwGKCGLyZL6k22hMgd40H-uWavtucgu_3NLmHhNR5G9kkTp1xU1mAiaCgAJAscHJDBtO5wHHlBJAe1bi6keePvWCpwQuZ0Y3_7__xQJ/s1600/david-tennant-doctor-who.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="320" width="256" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAZZci6dpdEJMGbGv2D74rxvF4x2-1gk-9JIoGHhwGKCGLyZL6k22hMgd40H-uWavtucgu_3NLmHhNR5G9kkTp1xU1mAiaCgAJAscHJDBtO5wHHlBJAe1bi6keePvWCpwQuZ0Y3_7__xQJ/s320/david-tennant-doctor-who.jpg" /></a></div>
Il ragazzo nerd la vede camminare e la definisce collezionabile. La immagina, blisteratissima, dentro una scatola modello action-figure. Lui saprebbe prendersi cura di lei, la esporrebbe nella sua sala giochi tra la Morte Nera e Hulk che Spacca, pelle morbidissima e occhi che piangono lacrime vere. Lei cammina come se non ci fosse un domani, Dorando Petri senza maratona, pronta a crollare per uno sguardo dispari o a intessere e disfare flirt come Penelope con la sua tela, in memoria di un Ulisse che non c’è mai stato. Quando vede il ragazzo nerd che sorride, lei pensa che sia stato bocciato all’esame di igiene orale, ma che – nell’insieme – ne venga fuori un tipo niente male. Occhiali spessi come fette di salame tagliate dai maschi, spalle a casetta e quella maglietta di ordinanza: la scritta Space Invaders che fascia un principio di panza. Lui le offre una coca e una dissertazione sui demeriti di Peter Jackson nella trilogia de Il Signore degli Anelli. Lei, invece, mette in scena una scollatura generosa e un culetto di burro. O tutto il contrario, che è la stessa cosa: burrosi i seni e generoso il di dietro. Comunque vada, il ragazzo la guarda e immagina dove mettere le mani senza rovinare la confezione. Lei è laureata in Filosofia della Scienza, ma è una maestra nel dissimulare e nel dare agli altri un’impressione di studiata ignoranza. Ha il fisico da pin-up e la testa sulle spalle e questo è più di quanto un uomo medio possa sopportare. È come voler essere una piscina, quando potresti essere il mare. Quando rimangono soli, lui si spoglia con difficoltà da verginella, lei come chi lo fa da sempre per un pubblico abituale. Ma poi il resto è alternanza di turgori e scioglimenti, un rituale antico che nessuno sa fare meglio di qualcun altro. Il nerd si applica, lei muove la testa come un batterista jazz e questo basta a fare di loro una coppia perfetta. Il mondo li lascia fare, per ora. L’infelicità è latente. E non ha fretta…
Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com33tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-29517957545531406372012-02-23T23:25:00.000+01:002012-02-23T23:25:36.066+01:00La scienza arranca<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXUElgvngjIvg0uW_ldQ4KUmbwup4sT8G144VVQHf4gI1sXI1Tbb-EOXGMXsF6OHzRRv8C2BMpAXBGZEkm7DSYmwK81q_iTc1JcEYMJOiHpuArnH3EL8wJZUroGHqQY9CmzNkfgCRhctqD/s1600/213535072-245d4cea-ec9f-47c1-899f-4cd52fdb1e7b.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="300" width="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXUElgvngjIvg0uW_ldQ4KUmbwup4sT8G144VVQHf4gI1sXI1Tbb-EOXGMXsF6OHzRRv8C2BMpAXBGZEkm7DSYmwK81q_iTc1JcEYMJOiHpuArnH3EL8wJZUroGHqQY9CmzNkfgCRhctqD/s320/213535072-245d4cea-ec9f-47c1-899f-4cd52fdb1e7b.jpg" /></a></div>
i ricercatori italiani espatriati hanno scoperto qual è il mistero dell'universo: il colore dei capelli delle donne. crini, non neutrini...Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-11678599155067229862012-02-08T11:11:00.000+01:002012-02-08T11:11:53.630+01:00Il treno va...<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgE8Pb8pQVVotptBDd83KqFHxNZdZKTVKLDhMp3b9hQDOBj-WT7SffHwswHWZNR8jpYvWBjKSaz0RYRZxK8jB1nQrLjH-WjBxgdSWumGJCkFulS8ixMaH5y0QgWjA614cS-8t7Y8xyyf2Ir/s1600/390_supp_10070_409.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="211" width="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgE8Pb8pQVVotptBDd83KqFHxNZdZKTVKLDhMp3b9hQDOBj-WT7SffHwswHWZNR8jpYvWBjKSaz0RYRZxK8jB1nQrLjH-WjBxgdSWumGJCkFulS8ixMaH5y0QgWjA614cS-8t7Y8xyyf2Ir/s320/390_supp_10070_409.jpg" /></a></div>
Svegliarsi senza aver praticamente dormito. Riemergere come un sub incauto, senza compensare, incurante dell’embolo. E l’embolo, puntuale, arriva. Apro gli occhi, lo sferragliare del treno non mi culla, mi irrita, diventa distanza invece che viaggio. E mi irrita quella voce. Sta parlando con me, non c’è dubbio. Metto a fuoco. Nello scompartimento siamo solo noi due. Io, un rimastino di 38 anni, sperimentatore di droghe fin troppo conosciute. Lui, un doppiopetto impeccabile, con meno segni di me sulla faccia ma molta borghesia spalmata addosso, come una crema solare protezione 50.
- Lei stava russando.
Mi stropiccio gli occhi, spero sia tutto un incubo. Dopo un qualunque risveglio, anche se ho dormito soltanto cinque minuti, non posso reggere un rimprovero, né tollerare un dialogo.
- Mi capita, ogni tanto. Sì… - Rispondo.
Il cellulare del pupazzo in grigio mette un punto esclamativo laddove sarebbero bastati tre puntini di sospensione, di resa.
- Sì. Arrivo alle 12,59. Tutto bene, il viaggio. A parte la compagnia. Poi ti racconto. Ciao.
Cose che non si dicono, queste. Non sorride, non ammicca. Semplicemente, è infastidito da me e ci tiene a farmelo sapere in ogni modo possibile. Lascia perdere, mi dico. Ma mi conosco.
- Io non sono la tua compagnia. Sono solo uno cui hanno assegnato questo posto. Uno che ogni tanto russa.
- Lei ha anche un cattivo odore corporale. Dovrebbe migliorare la sua igiene. È importante.
E apre il Sole 24 ore, convinto che l’arbitro abbia fischiato la fine e che lui abbia portato a casa i tre punti.
Stocazzo.
- Tu puzzi di morto. Forse è il vestito. È importante, pensaci.
Abbassa il giornale e ha uno sguardo che ho visto sulla faccia di un mio amico, in comunità. Pericoloso, perché si erge ormai oltre la morale, oltre quel confine che divide il lecito dall’antisociale.
- Lei è un avanzo umano, appare evidente. Sospetto che non abbia un lavoro, che sprema la pensione dei suoi genitori e che non abbia una relazione stabile, né tantomeno degli amici.
C’è del vero, ma non sopporto i maghi.
- Tu invece hai una donna, ma non sai scopartela come si deve. Ti ha chiamato per sapere quanto tempo ha per metterti in testa un altro paio di corna.
Sorrido. E sbaglio. Ci vogliono più di trenta muscoli, per attrezzare un ghigno. E per tenere attivi trenta muscoli, devi pompare sangue e distrarre nervi, è così che funziona. Vedo il manichino sollevarsi di scatto, vedo le sue ore di palestra incanalarsi in un pugno, accompagnato da tutta la spalla. Il naso mi esplode, fa il rumore di una noce che si arrende alla stretta di una mano contadina. Dolore, paura e ancora dolore. Il sangue mi bagna la faccia ed entra nella bocca. Mi chino in avanti, perché conosco una mossa speciale. Dalla resa apparente, fiorisce una testata devastante. E adesso è il suo naso a spruzzare sangue sul vestito immacolato. Sono in piedi e gli tiro un calcio sotto lo sterno, che, dato con gli anfibi, non è affatto una mossa banale. Si piega in avanti e io gli parlo all’orecchio con la voce del caprone maschio, quello che ha le corna più grandi ma non per via dell’infedeltà della sua femmina:
- Dimenticami. Ricorda solo il dolore che ti ho inflitto. E non metterti in una guerra che non puoi vincere.
Mi sento un personaggio di Dumas padre, virato dalla cultura di Stallone.
Lui è devastato come un pollaio dopo il passaggio di una volpe. Non farà uova per un bel pezzo, mi sa. Prendo il Sole 24 ore e leggo:
Scende lo spread, c’è fiducia nei mercati.
Scendo pure io, guerriero di una notte infinita.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-57757434168712430052012-01-25T11:51:00.000+01:002012-01-25T11:51:29.622+01:00Il re del terrore<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiU4VPBp-13R9Ia-in_xMyiLjJUU_uzXBVIKoOwMqIiXfeXmiXMzPSOVo77pDWtvg6O9ab-pTGOYu8e6JyySFauwce7-1CzByKOIRki8m5odbBYFH60Spd4RuVvLjV4CVVdzsAJlOTwak-C/s1600/diabolik_gazzetta_800.jpg.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="192" width="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiU4VPBp-13R9Ia-in_xMyiLjJUU_uzXBVIKoOwMqIiXfeXmiXMzPSOVo77pDWtvg6O9ab-pTGOYu8e6JyySFauwce7-1CzByKOIRki8m5odbBYFH60Spd4RuVvLjV4CVVdzsAJlOTwak-C/s320/diabolik_gazzetta_800.jpg.jpeg" /></a></div>
Swiss è il rumore. Paralizzante, secco, metallico. Preludio al buio, manto di un gelido inverno definitivo, lama che prolunga il battito del cuore. Prima, qualcosa che arma il rancore, che innesca l’odio, che giustifica il lancio. Io sono Achab, la morte è il mio veliero, il mondo è una balena con un diamante incastonato sullo sfiatatoio. Eva è la mia benedizione, la mia unica paura. Ma è grazie al terrore sano che nasce il coraggio, perché senza la notte non capiremmo il giorno. Sono fortunato, perché ho una nemesi, un carro magico, una città-presepe, una predisposizione a credere, una possibilità di fuga, una magia buona che mi proietta oltre la morale comune. Sono un superuomo senza filosofia, elastico teso tra il possibile e l’assurdo. Ma dentro, in silenzio, sento crescere un magone grande. Troppe maschere, sulla mia vera faccia. Troppo corrucciato, il mio sguardo. Vorrei ridere senza freno, per una volta. Vorrei viaggiare senza fuggire. Ma ogni uomo ha il suo destino, un ponte tibetano che traballa sotto i piedi, che dobbiamo comunque attraversare. Sotto, dappertutto, urla e biancheggia il mare. Swiss è il rumore. Poi, più niente…Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-6352573348423687142012-01-16T17:07:00.001+01:002012-01-16T17:07:51.489+01:00Qui le domande le faccio io...<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh072EBIds0q86oVGXaDLg_100UgnngzGuVRb96Qoy8RYPYCRO1Z4n-Q_akN9YIwqBgLaaqY7bdZH994RYR5kUVVsz3LVNWRGre_t_HmCvs4CABCMbTuJRC-gTRRch-ds72YkKYOH0aV3W8/s1600/01_002-1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="300" width="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh072EBIds0q86oVGXaDLg_100UgnngzGuVRb96Qoy8RYPYCRO1Z4n-Q_akN9YIwqBgLaaqY7bdZH994RYR5kUVVsz3LVNWRGre_t_HmCvs4CABCMbTuJRC-gTRRch-ds72YkKYOH0aV3W8/s320/01_002-1.jpg" /></a></div>
Ci sono grandi tristezze fatte con lo stesso impasto delle piccole gioie. È il Melodramma, ragazzi. Musical inglesi sold out da sempre, moulin rouge con modelle ucraine fotocopiate bene, il giro della Foresta Nera con soggiorno alla Spa “Da Ingrid e Carlo”. Insomma: tutto quello che vorremo vedere se fossimo viaggiatori veri, è costruito nella galleria del vento, è artificiale, è un fuoco fatuo, brodino da ospedale, bicicletta con le rotelle. Da piccolo ho imparato che imparare fa di me un bravo bambino, purché il processo avvenga in sordina, senza domandare alla maestra, anche lei aggrappata alle graduatorie e poco interessata alle mie requisitorie. Poi ho chiesto alla strada e ho avuto risposte che bruciavano in gola, graffiavano le ginocchia ed evaporavano la coca-cola. Le donne non rispondono, chiedono soltanto, strumenti solisti bisognosi di un pubblico pagante. E non capiscono il jazz. Gli uomini si dividono in due categorie: chi sa fischiare e chi soffia fuori solo aria viziata. i primi sono melodisti, i secondi trascrittori. Chi vive e chi guarda, questione di talento, di predisposizione e di opportunità. Se io muoio domani, ho fatto pari. Non vinco il titolo, ma di me si parlerà bene, come di un fighter destinato al macello, Vito Antuofermo contro Marvin Hagler. Iperviolenza non priva di poesia, quando prendi più pugni di quanti sai darne, quando fotografi un tramonto invece di usarlo come altalena per un bacio memorabile. La musica che scegli fa di te un dj geniale, o un compilatore di cassette per farla innamorare. Lei leggerà i titoli, sentirà il primo pezzo, poi tornerà al suo lavoro, a quello che sa fare: domandare, domandare, domandare.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-65679216289094557632012-01-10T15:00:00.001+01:002012-01-10T15:00:32.480+01:00Pedro Escobar, Vittima del Cubismo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDRukGk8Isxe90u3rLH5FmpAZytl_ZhRZht2NKa9esbpVpv4m1rjDTly-a-EU2BF7o2NWIpsPaHHG7GVJ2etmVWzA1gufF2EZ7VLrZYk_-1gqDzA-gEQxzGr7Lk9xSqcM6JfsnkKn4Wk5V/s1600/Picasso_1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="240" width="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDRukGk8Isxe90u3rLH5FmpAZytl_ZhRZht2NKa9esbpVpv4m1rjDTly-a-EU2BF7o2NWIpsPaHHG7GVJ2etmVWzA1gufF2EZ7VLrZYk_-1gqDzA-gEQxzGr7Lk9xSqcM6JfsnkKn4Wk5V/s320/Picasso_1.jpg" /></a></div>
So così poco dell’amore! E, francamente, quel poco che so non include baciare una tipa con gli occhi sparpagliati a caso sulla faccia. Del resto, quando uno si chiama Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno María de los Remedios Cipriano de la Santisima Trinidàd Ruiz y Annibali Picasso, dovrà pure trovare un sincretismo, una sintesi geniale, e sporcare tele con segni perversi. Oggi devo vederlo alle cinque della sera per una sessione notturna. Io sono il suo modello preferito: un ragazzo ben fatto, che conosce ballerine e puttane. Domani gli presento Olga, gli piacerà. Lui è pazzo, questo appare evidente. Mi ha regalato un quadro e l'ho scambiato per una cassa di Porto scadente, perché ho il senso degli affari. Picasso sta alla pittura come la caccia di frodo sta al safari. E' qui per distruggere, non per regalare immagini rassicuranti. E il vostro povero cronista Pedro Escobar, detto Pedrito, non ha gli strumenti per rimettere insieme i pezzi. Lo farà qualcun altro, almeno credo. Una cosa la so per certa: lui non vede quello che io vedo...Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-57783170925893975942011-12-27T17:50:00.000+01:002011-12-27T17:50:20.289+01:00Le Gris<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgmVorGCfcf-UwwNLa7X-RjJB1kEkSMDMfysApAxKMXB4e5iUrYVZDLcqdIcurm-tEMIpmIuWHFU0LWvd_OwRx-UDhEYKDKvVDdeCOhnbLlEe4ZUkCSIljfuxJG18z-ZaGMiYkoplFNyJP/s1600/Principe-di-Galles.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="240" width="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgmVorGCfcf-UwwNLa7X-RjJB1kEkSMDMfysApAxKMXB4e5iUrYVZDLcqdIcurm-tEMIpmIuWHFU0LWvd_OwRx-UDhEYKDKvVDdeCOhnbLlEe4ZUkCSIljfuxJG18z-ZaGMiYkoplFNyJP/s320/Principe-di-Galles.jpg" /></a></div>
Marcello Castelli aprì le imposte e respirò l’aria del mattino con la canottiera rossa e la sagacia autorevole di un bagnino di Fregene.
- Oggi piove.
Rammaricandosi un poco di non essere un ammaestratore di pedalò, si diresse verso il bagno col passo malfermo di chi ha troppo navigato.
45 anni, due mesi e tre giorni. È un bel viaggio, per mare e per terra.
È tempo sufficiente per cercare la via dell’Oriente, le sorgenti del Nilo, per consacrarsi a qualcosa, per disperdersi nel vento.
Crema da barba Taylor, alla Lavanda. Pennello di tasso. Rasoio a farfalla con lamette Astra. Marcello parte forte con la rasatura, per rimandare qualcosa che non gli va di fare.
- Impegnarsi in un lavoro a mano libera storna i pensieri, scontorna il problema e lo posiziona più distante, quasi fosse una notizia del telegiornale e non un fatto vero.
Pelo, contropelo e una terza passata alla Stenmark dei bei tempi, linee strette e rapide, a sorprendere i peli più riottosi e astuti. Dopobarba Floid, ovvio.
La felicità è nelle piccole cose, disse qualcuno che non aveva altro.
Colazione con latte, caffè e biscotti Misura.
- Mettiamo un po’ di musica.
Parlare da soli è il privilegio dei semplici, o di chi ha paura del silenzio, di chi compila una lista di cose da fare, o di chi aveva qualcuno con cui parlare fino a poco tempo prima.
- Nicole Renaud. Sì.
Partono le note di Coleurs, Le Gris.
Una soprano francese, alle sette e un quarto di mattina, può mal disporre la giornata di chiunque o raddrizzare la notte incolore di un professore di Letterature Comparate.
- Raddrizzami la notte incolore, Nicole.
Le Gris è un non colore, è lo spazio interstiziale tra il bianco e il nero, decostruisce e allaga gli occhi. Quella voce, poi, sapeva seminare a grigio il campo rugiadoso della mente di Marcello. Un uomo a modo, per tutti. Un uomo interessante, per molti. Un uomo che ha vissuto con la sordina inserita, col silenziatore sulla canna, con l’ovatta sulle parole. Questo lo pensava lui, che di se stesso era un esperto, ma non un estimatore, come un collezionista compulsivo che non ama il proprio accumulare, ma che non esiste senza la polvere che tiene insieme le cose che ha messo insieme, il ciarpame della memoria
La polvere è grigia.
Principe di Galles blu e celeste, camicia azzurra, cravatta blu, scarpe testa di moro: Marcello si studiò nello specchio e si valutò venticinque su trenta, perché lui era sempre stato molto severo, soprattutto quando vestiva i panni più trasandati di un giovane assistente di medie speranze.
- Vada per il venticinque. Lo prendo.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-43794203019853187492011-10-06T13:30:00.000+02:002011-10-06T13:30:13.998+02:00Il suono cupo del corno<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuSrXwEgcVGbnj34KQnYDP9mudQw6qSg67wj06GSFI-HGrpKeB7t_MgYsLygJnP-xfGWz8aJ4Sdqfis2M9m-1OmGVRdYBq4Ysz-HcbvzkrfIy_QRMCysn6KtszVznjJfMoxlyPplnNIvfU/s1600/HORN_1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="218" width="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuSrXwEgcVGbnj34KQnYDP9mudQw6qSg67wj06GSFI-HGrpKeB7t_MgYsLygJnP-xfGWz8aJ4Sdqfis2M9m-1OmGVRdYBq4Ysz-HcbvzkrfIy_QRMCysn6KtszVznjJfMoxlyPplnNIvfU/s320/HORN_1.jpg" /></a></div>
Forza. Loro sono tre, noi più di dieci. Strappiamogli il vessillo, bruciamo la bandiera, riempiamoli di botte. Le nocche che affondano nelle parti molli, la testa che mette alla prova le ossa del naso, le unghie che strappano carne di cui non dobbiamo nutrirci. Perdita del senso, ecco cosa. Non è per cacciare, che siamo in branco. Eppure c’è tutto lo schema della caccia. C’è una notte di cemento e neon, ci sono le prede, che alzano la voce per non sentire il monologo interiore della paura. E ci siamo noi, colli di bottiglia e coltelli, tirapugni e bastoni. Io sono il corno dalle note basse e cupe, quello che suona la carica al reggimento schierato. Sono il capobranco, ma so già che uno più giovane di me banchetterà presto col mio cuore cattivo. E allora sarò storia minore, un aneddoto da bar, un ricordo ingigantito da chi mi ha battuto e piccolissimo per chi ha creduto di dovermi obbedienza. Ho una donna, a casa. Il vento è pieno del suo profumo, colpo basso per chi non deve avere un porto a cui ritornare, ma solo darsene circondate da scogli appuntiti cui rubare un approdo quando mette a tempesta.
Roma è un portachiavi con gli anelli arrugginiti. Perdita del senso: chiavi che non aprono niente. Perché non ci sono porte, ma solo ferite, piaghe purulente di un Egitto straziato. E io sono il primo erede maschio, figlio unico per la spada di Erode. Forza. Loro sono tre, noi più di dieci. Tutti, egualmente, soli.
Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-24519495277194428682011-09-26T12:07:00.000+02:002011-09-26T12:07:04.197+02:00ognuno piange come sa<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjYwcqG2FnYmxNxEcKnFViHs-XWo6CQyRwGznlfknBqIzkuz4STePxZbpZdVO6KTgjT5mrYWb1uvMFNUiI26QC6QCmOcnkuDf9RaJXdWsUCAFmDLeUrMVMysvpdnRowZm0c58iyEc1x6kR1/s1600/misterno1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="320" width="245" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjYwcqG2FnYmxNxEcKnFViHs-XWo6CQyRwGznlfknBqIzkuz4STePxZbpZdVO6KTgjT5mrYWb1uvMFNUiI26QC6QCmOcnkuDf9RaJXdWsUCAFmDLeUrMVMysvpdnRowZm0c58iyEc1x6kR1/s320/misterno1.jpg" /></a></div>
Non mi piacciono le cose di ridere. La frontiera, il bivacco, le bistecche alte tre dita, la vegetazione lussureggiante, i saloon pieni di bari e di donnine allegre, le canoe a pantofola, il grande fiume, le barche con la ruota, i duelli, i film western: questo mi piace. E le cene con gli amici (mi piacciono gli amici), le persone care. Basta che poi se ne vanno e rimango un po’ da solo, giusto il tempo per pensare che stavo meglio insieme a loro. Mi piace l’odore di un albo appena stampato, che lo allargo per bene, lo sprimaccio come un cuscino e lo rileggo ancora. C’è un refuso, dopo mi sentono. No. L’avevo letto pure io. E forse non è un refuso, il dizionario dice che va bene anche quella parola che prima non conoscevo, o l’avevo dimenticata come si fa con un’insalata dopo una bella fetta di carne. Ho un chilometraggio illimitato sulle spalle, vecchio motore diesel di quelli di una volta. Sono figlio di un gigante. Quando ho scritto la mia prima storia, mi tremavano i polsi. E se qualche volta, scrivendo, non ho avvertito quel tremore, be’, non stavo facendo un buon lavoro. La storia la porti a casa comunque, è qualcosa che sai fare. Ma non è quella che avevi pensato. Ecco, la differenza sta tutta qua: pensare una cosa e farla. Ci dovrebbe essere pochissima distanza, tra la scintilla e la fiamma. Solo così viene fuori un bel fuoco. Mi piace stare in redazione, guardare in faccia gli autori che passano a trovarmi, avere tempo per tutti. È il mio dovere. Ho da fare, perché ho scelto una vita senza sonno. Ma loro sono la mia fortuna, hanno teste che brillano nel buio come le copertine di certi fumetti americani. Brutti fumetti, perlopiù. Gli autori hanno sguardi bellissimi e tristi, come quelli che impreziosiscono il volto di donne che hanno perduto la loro avvenenza. Ma non si diventa mai ex-belle donne. Non si diventa mai ex autori. Ci sono momenti di pausa, interruzione della catena produttiva, ma il fuoco brucia ancora, in quei cuori di provincia. Ci sono macchine da scrivere, nascoste dentro a quei computer. E tanto cinema degli anni 40, letteratura d’accatto, polpettoni letti alla luce di una candela mentre i figli dormono e le mogli sognano un marito meno assente. Partire senza salutare equivale a non dover tornare. Oppure, significa che la partenza è poca cosa, che quando aprirete gli occhi sarò ancora alla mia scrivania, impegnato a nascondere il sorriso sotto la feritoia della bocca. Mi piacciono le feritoie, perché nascondono sempre la canna di un fucile. E se metti un fucile in una storia, quel fucile, alla fine, sparerà. Sprimaccio per bene un albo qualunque, annuso e mi beo. Ci vediamo in giro, chiunque tu sia. Si sta bene, insieme agli amici.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-70450778428105889782011-09-14T13:38:00.000+02:002011-09-14T13:38:04.051+02:00Principessa, sono Luke Skywalker!<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6dbunxhTkwMTi2qTw-B6wPKxKbX2nFCHJkiLCeqph_uWQvG-5jCbyB6aXhBLHFJeRb80sSkqzjrauUOl0QicV626IkRrktRU6VOy_9gLuUtJkyOCL8BaB9oG76j3fr0JvevjwaW-YTb4L/s1600/133946_skywalker_l.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="320" width="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6dbunxhTkwMTi2qTw-B6wPKxKbX2nFCHJkiLCeqph_uWQvG-5jCbyB6aXhBLHFJeRb80sSkqzjrauUOl0QicV626IkRrktRU6VOy_9gLuUtJkyOCL8BaB9oG76j3fr0JvevjwaW-YTb4L/s320/133946_skywalker_l.jpg" /></a></div>
Mio padre parla come un tizio nel polmone d’acciaio e non si è fatto vivo per un sacco di tempo. Come tutti gli orfani e i figli dei separati, sono cresciuto in fretta e mi sono scelto strane figure maschili di riferimento: vecchi zii, che abitano in case parecchio fuori mano; nanerottoli verdi con le orecchie grandi; persone anziane intabarrate in abiti che rendono scomodo il combattimento. Ho perso il sonno per principesse racchie, ho conosciuto deserti e paludi, sono stato il biondino sciapo e l’Eletto, ho guidato un caccia stellare in un corridoio stretto. Sono nato a Polis Massa, vicino Polis Carrara, e per me c’era scritto un futuro da estrattore di marmi preziosi. Ma poi ho comprato due droidi al prezzo di uno e mi sono dato al difficile lavoro di diventare una leggenda popolare. L’altro, quello bello, lo hanno scelto per film divertenti, secondo me perché era parente del tizio delle macchine del sogno americano. Io ho fatto il doppiatore, perché la voce è importante, perché lo so fare bene. E dopo che ho sconfitto la Morte Nera, ho scelto di stare un po’ defilato, perché per qualunque altro ruolo, in fondo, sarei stato un po’ sprecato.
Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-50812567324544915402011-07-19T15:19:00.002+02:002011-07-19T15:22:32.754+02:00scrittori maschi, scrittrici femmine...<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDF1GD1kYAJIr2d_DEO5WxoaD8Da2cWEXR80OW1zEwSq3-rD980hTxYqGRgfApY-HTBZnv53LzfuJyThga3r-X3-WK2EiVXry9cjHMJ7-4YVI5M9KeIBtsTdHUckGN4r0UME6qMY3Es9rw/s1600/bimbi-per-mano.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 262px; height: 193px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDF1GD1kYAJIr2d_DEO5WxoaD8Da2cWEXR80OW1zEwSq3-rD980hTxYqGRgfApY-HTBZnv53LzfuJyThga3r-X3-WK2EiVXry9cjHMJ7-4YVI5M9KeIBtsTdHUckGN4r0UME6qMY3Es9rw/s320/bimbi-per-mano.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5631053063953433554" /></a><br /><br />Unendo tutti insieme i fogli formato A4 che ho riempito di parole in 24 anni di lavoro, credo sia semplice, camminandoci sopra, percorrere il giro del mondo. Questa premessa serve per dire che io posso non essere uno scrittore bravo, considerato o da considerare. Ma scrivo. Altri, invece, hanno un ego che il giro del loro mondo io non ce la faccio proprio a farlo. E scrivono, pure loro. Se sono maschi, scrivono così:<br /><br />Freddo.<br />O troppo caldo.<br />Normale, mai.<br />Mia nonna fa la pastiera con la ricetta di sua nonna, mettendo quattro generazioni tra la sua esperienza in cucina e quella che io quando assaggio quel capolavoro. Ho sette anni, però. <br />Non sono così piccolo da non capire quanto vale una pastiera del genere. <br />Freddo, dicevamo.<br />Poggio i palmi delle mani ai vetri della cucina e ci rimane l’impronta.<br />In quella traccia trasudata, trasogno e trasalgo.<br />Rivedo un tram, in una fredda mattina di febbraio. <br />Io e mia nonna, su quel tram, stiamo andando a visitare una chiesa del centro di Roma. Non so perché. Una chiesa a settimana, da tutta una vita. Sette anni di chiese, pochi giorni di guai. E niente che una buona pastiera non possa risolvere.<br />Caldo, adesso.<br />Perché i ricordi sono roba calda, anche se non piacciono tanto al giovane Holden.<br />Che tutti volevano che Salinger morisse, per poterne parlare male come uomo, visto che come scrittore sono tutti figli suoi.<br />Il tram rallenta, tra uno stridio di freni. Io mi riscuoto da un sogno galleggiante. Un sogno nel sogno è un portachiavi magico. Sognavo di mio padre, di quando andavamo a pesca di trote al laghetto sportivo. Muratti e pazienza, che abbocca alla lenza la trota grassoccia. Facciamo bisboccia.<br /><br />Le femmine, invece, scrivono così:<br /><br />Sento una lama nello stomaco, quando rivedo Marco. E ripenso a quelle sere d’estate in cui simulava il mio orgasmo, pensando a raggiungere il suo. Mi hai usata, lasciata, tradita, ripresa. Mi hai messo in un angolo, puntaspilli il mio cuore e tu giovin signore con lo spadino sempre in mano. Ma sono viva e vedo gente. Sento la mia umidità relativa che innaffia giardini di ragazzi migliori di te. Sento il loro afrore di maschi e vedo quei sorrisi micidiali insorgere come brina su bocche carnose. E capisco di avere un potere, su di loro. Quel potere che mi toglievi a letto, al ristorante, in mezzo alla gente, durante le ferie, quando mettevi dei paletti da scout geniale tra il tuo mondo erettile e il mio impero di provincia, un buco da riempire soltanto se ne avevi voglia. E delle mie, di voglie, vietato parlare. La Bibbia ti dava ragione, tua madre lo stesso. Sento una lama nello stomaco, ma il canto del Lama mi aiuta a fare quello che avrei dovuto fare due anni fa. Ti sputo in faccia, come un lama. E sono felice.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-23126113958363064672011-06-07T19:02:00.004+02:002011-06-07T19:07:00.720+02:00La buona novella<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjn-t5xy24AtosSmJTTF17N-gKf27mJsL8-KXGok5yL7FrzA_2xVm315GpW_7BQj-0wiJGNFHNmbktmLj_1nZgee1sxjM-93CAvOL-5H1D0x5F7BlriWBKroxotLTmJI7PSVT3uwnjfKXqm/s1600/priest_subject.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 216px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjn-t5xy24AtosSmJTTF17N-gKf27mJsL8-KXGok5yL7FrzA_2xVm315GpW_7BQj-0wiJGNFHNmbktmLj_1nZgee1sxjM-93CAvOL-5H1D0x5F7BlriWBKroxotLTmJI7PSVT3uwnjfKXqm/s320/priest_subject.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5615524977348447138" /></a><br /><br /><br />Il Signore dà, il Signore toglie. <br />Il prete lo dice e ci crede, perché è allenato alla menzogna consolatrice: te la danno in un kit, insieme all’abito talare.<br />La malattia è un premio, una prova che il Signore offre ai suoi figli prediletti. Ecco, questa non so se la reggo. Trent’anni di sclerosi multipla, figlia prediletta stocazzo. Mia madre lo guarda come si guardano i fiori finti, che sono belli ma non ballano, proprio come lei. Sorride, perfino. Io tendo a far capire al parroco che la benedizione pasquale è andata a buon fine, come una transazione bancaria. Lo accompagno alla porta e lui si volta per dirmi un’ultima cosa. Ha l’aria complice, stavolta. Lo immagino senza quel vestito nero, seduto su una tovaglia da pic-nic, con la bocca sporca di maionese. Sono pronto alla confidenza.<br />- Sua madre è una donna molto forte.<br />Annuisco.<br />- Ha mai pensato di portarla a messa?<br />Annuisco ancora come i cagnolini da cruscotto.<br />- La porti. Si sta bene, è pieno di brava gente.<br />Mi porge la mano. <br />Ora. Io sono per la stretta asciutta, rapida e forte. Da uomo. E infatti sono l’uomo di casa, cazzo. Quello che difende l’uscio e porta i soldi a casa. Quello che caccia con la clava e che monta i mobili dell’Ikea. Quella mano è un pesce marcito. Ma la prendo con deferenza, quasi fosse un manufatto alieno capace di svelare il segreto della vita. <br />- Padre, posso farle una domanda?<br />- Certo.<br />- Fabrizio De Andrè. L’infanzia di Maria. L’ha mai ascoltata?<br />Strizza gli occhi, come Clint Eastwood quando prende la mira.<br />- No. Credo di non averne mai avuto l’occasione.<br />- Ecco. La ascolti. Si faccia un regalo.<br />- Lo farò.<br />- No. Non lo farà.<br />E mia madre a messa non ce la porto. <br />Un’occasione di salvezza ciascuno, sprecate per la paura di fare un passo di lato.<br />Ah, per la cronaca: mia madre, di passi, non ne poteva fare. Il prete sì.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-49336755864485994312011-05-25T12:41:00.002+02:002011-05-25T12:44:44.722+02:00Lamento di un vecchio lupo grigio<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWwz1aIZtdhhrefuDRGN3qQweMNKqymALfAcMwmszTRhbfGXHJI-n6l5KOI_xsl16Up5shJYX9XbhzDM0DcU1VQ2-080bToymmgGwnDb-EGxu3456FNR600ofLu2PvwzBLAVNX7RiwH0nG/s1600/8602972.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 214px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWwz1aIZtdhhrefuDRGN3qQweMNKqymALfAcMwmszTRhbfGXHJI-n6l5KOI_xsl16Up5shJYX9XbhzDM0DcU1VQ2-080bToymmgGwnDb-EGxu3456FNR600ofLu2PvwzBLAVNX7RiwH0nG/s320/8602972.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5610602869426708338" /></a><br /><br />78 anni e sentirli tutti. Ho acciacchi che prima erano solo indolenzimenti. Non mi ricordo che ho mangiato a pranzo, ma so tutto di quella ragazza di Bologna, mezza pazza e senza vergogna, era del 1940 e mi insegnò cose odorose e la differenza tra uscire ed entrare. Ho un figlio e due nipoti, me li godo come gelati a maggio, li esonero dal natale, pasqua con chi vogliono loro, il mio compleanno è una telefonata breve, mi portano al mare almeno due volte l’anno. Mia moglie è andata, tanti anni fa. Viva e arzilla, tranquilli. Sta con uno di Bergamo, che ha la pensione e l’accompagno e una casa al lago. Io ho una macchina da lavare il sabato, la copro con una copertina grigia: 850 special, grigia anche la macchina. La gente mi dà spesso ragione, a che serve discutere con uno che ti batte in esperienza e che non sa niente delle nuove scoperte della scienza? Maestro di vita, ma senza alunni, leggo il giornale al parco che te lo sfoglia il vento, insieme a uno che non lo paga, ma sbircia contento. Te lo ricordi Domenghini? E Gramsci? Lui annuisce, senza denti, e vedo che viaggia con la mente nei posti che conosco io, quando si fumava al cinema e sui tram chiamati desiderio inatteso. Non gioco a bocce, non vado a ballare, mi concedo il piacere sapido della lettura, sorrido ai vigili urbani e alle signore col cane e sento di piacere ancora. Ma sarà vero? O è un ricordo prodigioso di me stesso con gli zigomi alti e le rughe piccoline, messe intorno agli occhi come reti da farfalle? La vecchiaia è quando aumenta la differenza tra il dentro e il fuori, quando non puoi sospirare in attesa di giorni migliori. Ogni ora è un’ora in più, questo fatto è vero dal giorno che nasciamo. E, in fondo, la data di scadenza non la vediamo mai. Ne prendiamo atto, a un certo punto. Sorrido, stavolta a vuoto. Sono usato, tenuto bene, vecchio ma non consunto. Mi lavo e mi metto sulle gambe una copertina grigia, proprio come i miei capelli. I nostri erano tempi diversi, signori miei. Non più brutti, certo. Ma neanche tanto più belli.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-72415757383392984462011-04-26T12:47:00.001+02:002011-04-26T12:49:22.322+02:00Le cose che so di te<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcP-7eDJsAoZw5MsBaqHvpyvqu8SG3rHwbfpSFhhaSsbSI1fuwxP9lC-4-M9C8UMItgUpMFIvGZPfAt-lOz2kHgHc3n3kDdDSx9huG2_GEQyr7TdyMbJxIZ-eATxGmXgP_cNqE8oNeF14_/s1600/Foto+del+46126333-04-2455678+alle+12%253A48.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcP-7eDJsAoZw5MsBaqHvpyvqu8SG3rHwbfpSFhhaSsbSI1fuwxP9lC-4-M9C8UMItgUpMFIvGZPfAt-lOz2kHgHc3n3kDdDSx9huG2_GEQyr7TdyMbJxIZ-eATxGmXgP_cNqE8oNeF14_/s320/Foto+del+46126333-04-2455678+alle+12%253A48.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5599842578605726434" /></a><br /><br />Infarto, lo chiamano. Il secondo ti ha portato via. Il primo ha soltanto preoccupato una famiglia, messo a posto delle pendenze, riunito gli amici. Ma il secondo è stato un proiettile d’argento nel tuo cuore licantropo. Le cose che so di te sono molto poche. Buon calciatore, ottimo giocatore di scacchi, ti sei mantenuto col poker quando la fame non era un nome più breve affibbiato all’appetito. Avido lettore, hai fatto il liceo e ti sei iscritto all’università nei famosi tempi non sospetti. Eri del 1933, adesso avresti avuto 78 anni. Quando muore una persona di 78 anni, ci si dispiace un bel po’: giovane, si dice in coro. Tu sei morto a 44. Avevi un parrucchino, me lo ricordo bene, e occhiali dalla montatura spessa. Eri un uomo col borsello, fumavi le HB e io andavo a comprartele sfuse, che il tabaccaio le metteva dentro una bustina di carta e mi diceva che non dovevo prendere quel vizio. Andavamo insieme dal vini e oli a bere la spuma. E al tuo club, dove giocavo a ping-pong da solo, mentre tu facevi il drago col tresette. Una volta mi hai portato da una tua amica, che mi ha tenuto mentre tu svolgevi qualche commissione. Era una bella signora e si provò un vestito davanti a me, dicendomi di non guardare. Guardai. Una volta a settimana, andavamo a trovare i tuoi genitori, in una casa piena di zii, di cugini e di donne vestite di nero. Ricordo zia Sabetta, vecchia come il mondo, ma forse nemmeno troppo. Siccome aveva il Parkinson, le facevate tirare la sfoglia per la pasta: almeno, quel tremore serviva a qualcosa. Da ragazzo, leggevi di notte al lume di una candela quegli stessi libri che io ho cominciato a divorare a undici anni, quando te ne sei andato: i Maestri russi, Henry Miller, Sciascia, Calvino. Dentro a quelle meraviglie, cercavo scampoli di te. C’erano. Adesso lo so. E c’eri quando i padri dei miei amici mi portavano al cinema e allo stadio. Il cinema. Vedevamo due film per volta, uno scelto da me e uno da te. Ricordo un film con Bud Spencer e Terence Hill e subito dopo Il dottor Stranamore. Sono quelle giornate che ti cambiano la vita, perché capisci che la leggerezza abita nella città dell’intelligenza. Ricordo le giostre tristi, i circhi tristi, ma il tutto veniva riscattato dal tuo umorismo tagliente, che forse in parte ho ereditato. Ho le tue stesse mani. Ah, e il diabete. Ricordo una casetta nel bosco, che tu e mamma la volevate comprare. Ma vi mancò il coraggio. Ve ne serviva già troppo per fronteggiare la malattia che costringeva lei sulla sedia a rotelle e te a casa, ad accudirla. Perdonato. Ricordo bene quel 26 aprile del 1977. Erano le sette di mattina e io sentii dei rumori concitati. Tuo fratello ti stava facendo la respirazione bocca a bocca, mamma urlava. Io capii subito. Presi una sedia e la sbattei per terra, ma piano. Ero un bambino molto educato. Poi, quella stessa mattina, mi comprai un Devil Gigante. E tutto ebbe inizio…Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-31974644605279379142011-03-28T14:09:00.002+02:002011-03-28T14:17:38.368+02:00ce la posso fare<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhaEZFPrGi7UsnC81vWUySZZuimnkoGwkuRQ2Gs3S0Vly9adS9pWPZKEewxhIv4OuSzRB_XZJPTyPPby8bsRijYwEQhlcQS3I93uiUX8ui6szgyF4FuDjNFz_m09YM7ss-EptiO5xzje2Qu/s1600/carezze.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 241px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhaEZFPrGi7UsnC81vWUySZZuimnkoGwkuRQ2Gs3S0Vly9adS9pWPZKEewxhIv4OuSzRB_XZJPTyPPby8bsRijYwEQhlcQS3I93uiUX8ui6szgyF4FuDjNFz_m09YM7ss-EptiO5xzje2Qu/s320/carezze.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5589103805166311986" /></a><br /><br />Creature mortali, a caccia di eterno. Bambini graffiati in faccia dal padreterno e sulle ginocchia dal diavolo nero. Io c’ero. Ci sono sempre stato, sono vecchio come il pane di ieri l’altro. Furbo, non scaltro. Cresciuto per strada, con le mani aperte, pronte all’abbraccio e alla lotta coreografata, capoeira senza contatto, impegno politico apparentemente distratto. Poi lei ti bacia e scopri che c’è tempo per altre cose, per esplorazioni prodigiose. Scopri bottoncini di carne fremente, fai tardi a calcetto, la macchina è un letto, la notte una coperta clemente. E intanto scrivi, alleni i muscoli interiori, diventi il ragazzo speciale, l’amico fedele, il compagno amorevole, l’amante arrendevole. Sei portato, per le cose del sesso, perché sei curioso all’eccesso e altrettanto rispettoso. Le mani hanno occhi, gli occhi hanno dita, nello stereo gira la tua canzone preferita. Lei cambia volto e corpo ogni tre mesi, è una donna qualunque da cantare piano, forte di fianchi, bianca di pelle, appostata in un pub o in mezzo alla strada. Le sorridi ed è tua, che sei traghettatore, la porti da un amore sbagliato a un altro, migliore. Sei bagnino, salvagente, idraulico di notte, verdeggiante poeta che copre i suoi sogni di foglie e di rami. Sei troppo, per lei. Non ti abbraccia mai tutto. Sei grasso, non brutto. Hai pancia importante, da uomo di sostanza. Sostanze, ben poche, rubate alla scrittura. Hai freddo, da solo. A volte, hai paura. Ma stampi di continuo un sorriso geniale, che tutto va bene, che niente fa male. Nessuno le ha mai accarezzate come fai tu, adorando quei corpi, ascoltando il respiro, il movimento involontario di energie segrete. Per questo ti cercano, per questo vai bene. Quando prenoti il futuro, però, c’è sempre il cappello di un altro uomo. Torni a casa e gridi. Ma non esce alcun suono. Ecco, oggi va così. Entra forte ed esce piano. Sole o luna, sempre di luce si tratta. Stella o lampadina, ce n’è sempre abbastanza per leggere un libro migliore dei tuoi. Non chiudo la stalla, che escano i buoi. Sei andata via, ma c’è ancora il tuo odore. Lui non è meglio di me, purtroppo lo sai. Ma è qualcuno su cui fantasticare. Pur sempre un buon lago, se non puoi avere il mare. Io come sto, mi chiedi. Tranquilla, ce la posso fare. Non sarà facile, ma le cose facili non portano a niente. Ma sarà facile, facilissimo e persino divertente, amare il tuo ricordo passato come fosse il migliore amore possibile del mio solitario presente.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com14tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-35525345261427277292011-02-15T23:43:00.004+01:002011-02-15T23:46:33.448+01:00A mia figlia<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjzMUolgFRb_fi17ZhKaUVJ4iC3hvQyVl8gISsa-J_9BryiG8f1bAIoKJ2jz4O7wtVdEbrzFfoAFAM1K5vLOHWQ-c4-PdtRUlhsFWgAIpoHI7DtBag0_1rxQ7bdZQhW1EaW0q3YVHo7lTH8/s1600/figlia.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 239px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjzMUolgFRb_fi17ZhKaUVJ4iC3hvQyVl8gISsa-J_9BryiG8f1bAIoKJ2jz4O7wtVdEbrzFfoAFAM1K5vLOHWQ-c4-PdtRUlhsFWgAIpoHI7DtBag0_1rxQ7bdZQhW1EaW0q3YVHo7lTH8/s320/figlia.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5574051049180312882" /></a><br />Io ti ho vista chiaramente per la prima volta quando avevo circa sedici anni.<br />Mi ero comprato una chitarra acustica e avevo imparato a strimpellarla un po’. Ricordo ancora quel giorno, il giorno in cui sei, in un certo senso, nata. <br />Ero seduto sul divano brutto di una casa di vacanze in affitto, in una località di mare a troppi chilometri dal mare, perché io e tua nonna più di quello non potevamo permetterci. Cominciai a scriverti una canzone: sol minore, la maggiore, una sequenza ardita per i miei livelli. <br /><span style="font-style:italic;">Voglio che mia figlia abbia gli occhi e belli e riflessi di ghiacciai eterni tra i capelli…</span><br />Be’, era tutto vero. Forse non era una gran canzone, ma era per te. La lettera più bella che un uomo potrà mai scriverti. O la seconda più bella, lo spero tanto. Poi ti ho dimenticata, troppo impegnato a cercarti una madre. Ci ho messo diciotto anni a trovarla, ma la canzone lavorava dentro e resisteva a tutto. Ogni tanto, la canticchiavo tra me, o la facevo ascoltare a qualcuno. Lo facevo per non dimenticare che ti dovevo una possibilità di nascere. <br /><span style="font-style:italic;">Voglio che quegli occhi le chiariscano il mistero e le facciano distinguere l’amore, quello vero…</span><br />L’amore vero. Esplode ogni volta che sospendi l’incredulità, come davanti un film perfetto, come un libro benedetto che ti insegna cose che già sai. Ti innamorerai di chi non ti amerà allo stesso modo e sarai comunque felice, ispirata esploratrice di sentimenti male assortiti. Piangerai e farai piangere, entrerai in camere sbagliate e renderai giusto ogni tuo errore. <br /><span style="font-style:italic;">E voglio che quegli occhi le si bagnino di pioggia, di acqua di fiume, di lacrime di gioia. E voglio che la sua immagine, riflessa in uno stagno, non tremi come ora che le sto facendo il bagno…</span><br />Avevo in mente quadretti di vita da mulino bianco, ma ci stavo azzeccando. <br />Sei nata nel luglio del 2000, ho assistito al parto. Il dottore, dopo averti sciacquato sommariamente, ti ha piazzato in braccio a me. Ti ho impugnato come fossi un aquilone, troppo leggera per appartenere al genere umano, pronta a volare via al primo soffio di vento. Mi hai piantato gli occhi in faccia, quegli occhi strepitosi. E tutto è cambiato per sempre, dentro me.<br />Sei bellissima, più di qualunque donna io abbia mai visto e osato sognare. <br /><span style="font-style:italic;">Voglio che mi dica quando è innamorata, anche se il suo amore sarà la mia vecchiaia…</span><br />Ecco fatto. Il solito uomo medio che fa un figlio per sopravviversi e proiettarsi oltre. No. Voglio sapere tutto, di te, senza chiedere niente. Voglio intuire i processi che articoli sotto quella fronte spaziosa, voglio spiare il film che gli occhi proiettano all’indietro, sullo schermo teso della tua immaginazione. <br />Hai avuto pochi capelli, per il primo anno e mezzo. Testa di mela rotonda e perfetta, lineamenti dolcissimi, occhi grandi e verdi. Ma pochi capelli, proprio come tuo padre. Hai cominciato a parlare prestissimo, rimavi a due anni, scribacchiavi a tre. La tua prima pipì senza pannolino l’hai fatta in braccio a me, mentre ti dondolavo in un giardinetto di un’altra casa in affitto, stavolta vicinissima al mare. Sei andata a scuola, tornata da scuola, hai pianto per la scuola, sorriso alla fine della scuola. E tuo padre ha una memoria troppo grande per non fare il confronto con le sue esperienze, avvenute in quella stessa scuola, che ha soltanto cambiato nome: Giuseppe Verdi, prima; Gianni Rodari, adesso. Un buon cambio di nome, se ci pensi. <br /><span style="font-style:italic;">Voglio che telefoni, se tarda un po’ la sera. Ma voglio che la sera non tardi quasi mai, perché devo baciarla, prima di dormire. Perché devo baciarla e poi dormire…</span><br />Sì. Finisce così. Come tutte le storie. Con uno che va a dormire e un altro che veglia sul suo sonno. Con uno che fa tardi, magari in macchina, di notte. E l’altro che conta le ore, aspetta quel messaggio per chiudere gli occhi a sua volta, sentinella innamorata per sempre di un amore che non può far altro che lasciare andare. Perché sono questi gli amori per cui vale la pena vivere. Sono questi gli amori per cui vale la pena piangere. Quelli che ci fanno diventare grandi senza crescere mai veramente. Quelli segreti, che nascondiamo alla gente, che non capirebbe. Sappi che tuo padre ha amato molto, nella vita. Ed è stato amato, anche bene. E che adesso, in questa notte di febbraio, sente con forza e con chiarezza che tu non sei sua. Ma lui è tuo. Io sono tuo. Per sempre.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com32tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-34589148182952202832011-02-04T13:17:00.002+01:002011-02-04T13:19:27.843+01:00Nessuna è come lei<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhFJpbGOam0gjR9VY4KcHTAcJrd4v85LBV4Ip8fjABjgIh5ysDW_AZH_g56Z3rQ4tEFBh_ZrNpvt7O7eFIkVwpItbKqdGZInDGCb5c7HMC2-r8mgKnnw-ppLFR-fDObcLLUvBLVKKGlDorT/s1600/Ragazza-che-legge-e-book-150x150.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 150px; height: 150px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhFJpbGOam0gjR9VY4KcHTAcJrd4v85LBV4Ip8fjABjgIh5ysDW_AZH_g56Z3rQ4tEFBh_ZrNpvt7O7eFIkVwpItbKqdGZInDGCb5c7HMC2-r8mgKnnw-ppLFR-fDObcLLUvBLVKKGlDorT/s320/Ragazza-che-legge-e-book-150x150.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5569807909209116498" /></a><br /><br />Non so se l’avete mai vista mentre guarda un film. La luce dello schermo le rimbalza sugli occhiali, creando un multisala tutto per lei. Sorride, anticipa le battute, prepara lo stupore, lo tende forte e poi lo lascia andare con uno schiocco secco, da frusta di gaucho argentino.<br />Non so se l’avete guardata mentre legge un libro. Si morde le labbra, giocherella con le dita, sospira a tempo, solleva gli occhi per capire, subacqueo che torna a galla troppo velocemente. Niente embolo, però. Solo emozione per aver compreso il mio gioco di scrittore. Salta le righe, a volte, ma le rilegge poi.<br />Non so se l’avete osservata quando cammina. È un fotogramma accelerato, un cartone animato, sensuale, anche se non vuole. E i passi che precedono il momento in cui si ferma, quelli, sono più veloci e ravvicinati, come se arrivare un istante prima le concedesse il tempo per tagliare una miccia, fermare un detonatore, baciare un compagno perduto o trovarne uno migliore.<br />Non so se avete avuto la fortuna di assistere allo spettacolo del suo sonno. Comincia con modalità da svenimento, perché in lei c’è quel meccanismo da bambola: in piedi e seduta, occhi aperti; sdraiata, le palpebre serrate, a garantire un effetto-tenda e una preparazione immediata alla fase Rem.<br />Non se se l’avete mai accompagnata in un locale. Sorride, fuma e saluta, mani in tasca, sguardi a pesca di altri sguardi, sussurri e grida, risate trattenute che sfociano in sorrisi, vestita bene per chi apprezza e malissimo per chi ha gusti decisi da armanidolce&gabbana. Ha stivali caldi, pantaloni sgargianti ed estivi, magliette a strati, giubbotto di pelle, berretta d’ordinanza, truccata mai. E sotto, io lo so, porta canottiere senza colore, un intimo da nonna, una pelle che se la rovesci è un guanto e se la mordi è seta. <br />Non so se l’avete mai vista, non so se la vedrete mai. Io ve lo auguro come si augura un viaggio bello, un’esperienza da fare una volta nella vita, una guarigione, un buongiorno, una notte serena, una figurina mancante, una vita a Space Invaders, un soldo in un pozzo o in una fontana, una cena tra amici, un treno che va dalla montagna al mare, una commedia all’italiana, l‘incontro con un disco epocale, un paio di labbra complementari alle vostre, un pesce pescato e poi rimesso nel fiume, un incontro notturno, un bambino appena nato, l’odore del pane, il sesso con amore, l’amore in generale, un invito a sedere alla mensa degli dei. Se non l’avete capito, è solo colpa mia. Nessuna è come lei.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-74463405577600169472011-01-04T13:00:00.002+01:002011-01-04T13:02:19.806+01:00Canto del mio corpo lento<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOunhwysjxUUAPGnjXEChFwlrnrFDn-rKgm4AbVVDpqbAEN0IOKOcqKWTaxeE9FjYPQUbT92Ti4y9eyLp4mpV9U8XBpCZLw32j2ekn0JbXfy-Yn9WK4Dqd-zWG9It5DgL1DTvQ6-gjbCJE/s1600/img.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 278px; height: 314px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOunhwysjxUUAPGnjXEChFwlrnrFDn-rKgm4AbVVDpqbAEN0IOKOcqKWTaxeE9FjYPQUbT92Ti4y9eyLp4mpV9U8XBpCZLw32j2ekn0JbXfy-Yn9WK4Dqd-zWG9It5DgL1DTvQ6-gjbCJE/s320/img.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5558299857138747730" /></a><br /><br /><br />Canto del mio corpo lento<br /><br />La mia bocca ha troppo baciato<br />Commesse di supermercato<br />Scommesse finite male<br />Degenti di un ospedale.<br />Le mie labbra si sono aperte<br />Per labbra altrettanto esperte<br />E per chi non sapeva dire<br />I congiuntivi senza svenire.<br />I miei denti sono agonisti<br />Maledizione per i dentisti<br />Accattivanti per il sorriso<br />Di donne altere, con un bel viso.<br />La lingua ha fatto le sue conquiste<br />Con delle frasi mai troppo viste<br />Senza ripetersi mai, se non quando<br />Ha dato ordini senza comando.<br />Il collo ha fatto scorribande<br />Di donne altere, senza mutande<br />E ha detto sì, e anche spesso<br />A facce spesse, di cartongesso.<br />Le spalle hanno portato pesi<br />Dolori assurdi, di amori intesi<br />Come antipasti di altri amori<br />Che ho visto splendere come colori.<br />Il petto è forte, sostiene tutto<br />è forza buona, senza costrutto<br />perché si spende senza richieste<br />per donne altere, donne da feste.<br />La pancia è otre da osteria<br />Benedizione per l’allegria.<br />Crescendo è stata coltivazione<br />Di sonni dolci, da panettone.<br />Il sesso è un sasso, cuore di panna<br />Per donne altere, è stata manna.<br />Per altre è stato solo un pretesto<br />Fuoco di notte, da spegnere presto.<br />Le gambe sono due querce in fiamme<br />Corrono poco, avanzano a spanne<br />Incedono lente come serpenti<br />A sangue freddo, cuori contenti.<br />I piedi sono pezzetti di re<br />Che sanno correre solo da te.<br />Da te che cerchi in altre persone<br />Le mie certezze, le cose buone.<br />E io lo so, me l’hai insegnato<br />Sono un progetto per il passato.<br />L’uomo perfetto, che tu amerai<br />Da ora, per sempre. Vissuto mai.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-56885513678736022292010-12-29T10:28:00.002+01:002010-12-29T10:33:53.614+01:00Scusa se ti chiamo Vintage<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXQwDGVLuuPj63qLFr6A6M_6d9fpt1FnS3gk8-KRblws0hwBrCMPkY1RBgBCPHER-zAjbJtKh4RRRpdtXJdY-cDXsK35ezoGTmwUxWcYQ3XTf4z5_zYJkn4cCDENtB7qiFiZn4zL18l4sS/s1600/IMG_1916.JPG"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXQwDGVLuuPj63qLFr6A6M_6d9fpt1FnS3gk8-KRblws0hwBrCMPkY1RBgBCPHER-zAjbJtKh4RRRpdtXJdY-cDXsK35ezoGTmwUxWcYQ3XTf4z5_zYJkn4cCDENtB7qiFiZn4zL18l4sS/s320/IMG_1916.JPG" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5556035076675205154" /></a><br /><br /><br />Lei aveva scarpe da vecchia ed era vestita a caso, ma con tutta la premeditazione possibile. I suoi colori ne facevano un vessillo da contrada del palio di Siena, che Aceto sarebbe morto mille volte calpestato da tutti i cavalli del mondo per poter sfilare anche solo un guanto da quella manina deliziosa. Non cercava l’amore, la ragazza. Ma era costruita per attirarlo a sé, argano senza peso, capace di sollevare la casa di un gigante, con tutta la famiglia gigantesca seduta a tavola per il cenone di capodanno: nel menù, fagioli enormi, che altro? Ma la ragazza non aveva nessuna difesa, contro un sorriso di compiacimento. Peccato che lui non riuscisse nemmeno a sorriderle. Pigiati sulla metropolitana delle otto, con tracce di cuscino ancora sulla faccia, i due erano capitati più vicini di molti amanti, più a contatto di ballerini di tiburon, più intimi di amici di penna ai tempi del computer. Il ragazzo cercò nella memoria un’epifania più forte, un desiderio più grande e risalì con facilità fino al suo letto amniotico, fino a un sogno prenatale, fino alla caverna di Platone e ancora più indietro. Niente. Soltanto una nebbia indistinta, sollevatasi intorno al volto che un giorno avrebbe dovuto amare. Il volto di lei, sicuro. La guardò con insistenza, non poteva fare altrimenti. La ragazza vestita a caso, con miracoloso sincronismo, gli parlò. La parolina si fece giostra, la voce era il gettone, le orecchie di lui cavalluccio e macchinina. <br />- Scendi?<br />Un momento. Qui ci vuole prosa ossianica, dannunziana facilità di verso, leopardiana malinconia amorosa, ungarettiana sintesi del pensiero forte.<br />Poi, con la preparazione di uno studente di Lettere Moderne, fuori corso convinto, lui optò per John Keats e disse:<br />- L’amore è la mia religione. E potrei morire per esso.<br />A lei il sorriso nacque e morì in volo, come rondine che ha troppo volato. Lui si scusò e disse:<br />- Scendo, se scendi tu. Scendo, dovunque scendi tu. Scendo.<br />La fermata era Subaugusta. Non serviva a nessuno dei due. Perché l’amore è spesso un compromesso tra il sogno più ardito e la realtà più mediocre. E non è mai vantaggioso, a meno che tu non abbia studiato anche Montale:<br />- Essere sempre infelici, ma non troppo, è condizione sine qua non di piccole e intermittenti felicità.<br />Sì. E Subaugusta può essere un posto meraviglioso, se devi riconoscerti meglio. La nebbia volò via quando un coatto del posto accese una Marlboro dura. Le scarpe di lei, in un momento, divennero vintage. E lui, da studente fuori corso, si battezzò scrittore. Entrambi, da quel momento, abbracciarono con ostinato ottimismo un futuro migliore.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-6194533508439926032010-12-25T19:45:00.002+01:002010-12-25T19:47:39.700+01:00Il grande amore di Carlito Brigante<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMI5adaAeRQIWpQ1BGBV8traoo4np6MOX7eSRJkqvSrDZOprrbauIP7OfOrFkzat-WFz9n1wLJt3mYpN7umFnF2bc1AUdsckacB2tfQIPj5jqDb-qcNiLhuQFd90bwBMrAEQXfQYLXD39-/s1600/images.jpeg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 240px; height: 144px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMI5adaAeRQIWpQ1BGBV8traoo4np6MOX7eSRJkqvSrDZOprrbauIP7OfOrFkzat-WFz9n1wLJt3mYpN7umFnF2bc1AUdsckacB2tfQIPj5jqDb-qcNiLhuQFd90bwBMrAEQXfQYLXD39-/s320/images.jpeg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5554693341701994674" /></a><br /><br />Verranno tempi duri.<br />Tempi da coperta di lana, che sotto ti lasci il pigiama anche quando ti vesti per uscire. Verranno inverni da era glaciale, con Sid che è un gran personaggio, ma, se sei un bradipo, hai davvero poche possibilità di portare a casa a pellaccia, sia che ti doppi Claudio Bisio o quella lenza di John Leguizamo.<br />Con la voce di Leguizamo, forse, il bradipo Sid ha più possibilità, perché mi viene in mente la scena in cui Benny Bianco uccide Carlito Brigante. E Carlito Brigante, lui sì, era una pellaccia. <br />Dicevamo dei tempi duri.<br />Tempi senza di lei.<br />La perdo e la ritrovo ogni momento, le dimostro amore e mi allontano, le offro il mondo e poi solo una mano da stringere di notte. Cerca qualcuno che non sono io. Lo troverà. Perché lo merita, perché è una delizia da pasticceria artigianale. <br />E io sono un goloso non autorizzato all’acquolina in bocca. Lo troverà. <br />E io sto preparando il cuore alla botta secca, al rumore di un cristallo che cade sul pavimento, alla gelosia, allo stordimento. <br />Sono ingombrante come un pacco incartato male, difficile da portare, anche se dentro – e lei lo sa bene – custodisco chincaglierie interessanti e autentiche gemme preziose, diamanti grezzi e pezzi di vetro per incantare donne indigene, specchietti e lucine, collane di denti di squalo e un biglietto per il cinema d’essai, che fanno quel film con quell’attore. <br />L’inverno arriva quando indossi ancora la maglietta a mezze maniche e i pantaloni leggeri. Ti avvisa, ma tu non vuoi vedere i segni. Fa buio presto, piove forte, comincia il campionato, le sale da the sono piene di coppiette, respiri ed esce un fiato denso e visibile come nebbia in val padana. <br />Le scrivo lettere d’amore, per fermare l’amore. <br />Le dedico qualunque istante, per creare nuovi istanti da dedicarle. <br />Sono Penelope, perché la mia attesa non è senza speranza e faccio e disfo senza averne mai abbastanza. Ma lei tenderà il suo arco per altri uomini e farà centro nei loro cuori inermi senza fatica alcuna. Ed è giusto così. <br />Non ho paura, mi ripeto. Sono Carlito Brigante, il mondo è mio. La pallottola vagante l’ho messa in conto, il cedimento del cuore fa parte del gioco. I punti fermi del mio mondo sono collegati all’ogiva del suo sorriso e le sue parole sono la spoletta per innescare l’esplosione finale.<br />Ti amo, mi dice. <br />Me lo godo a metà. Una metà devastante, che non conosce eguali e che è molto più di qualunque intero. Ma col resto dell’amore, con la parte consapevole della precarietà, tesso una tela leggera e una coperta pesante. Poi accarezzo il cane Argo, soffio nel corno dell’Orlando Furioso, alzo la lancia di don Chisciotte e bevo il vino degli dei. Ti amo finché ci sono. Ti amo anche quando non ci sei.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-5338274073192840922010-12-20T10:44:00.002+01:002010-12-20T10:56:18.946+01:00La mia forza viene da lontano<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEc4T5mifMybCxk9H2dzDE-qufycIkQ9-1dtDJatHwtGcboUshGUSrGdTRrClZe8EqnyYrIYte6ZOsRkMIiVcW0qCBjtf3flMdRqk-v2cXXRVuO_b9CZjfXf2Lpqn8ZrjrYl8bBHOKU2Dx/s1600/tecnologia.300409.sediarotelle.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 180px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEc4T5mifMybCxk9H2dzDE-qufycIkQ9-1dtDJatHwtGcboUshGUSrGdTRrClZe8EqnyYrIYte6ZOsRkMIiVcW0qCBjtf3flMdRqk-v2cXXRVuO_b9CZjfXf2Lpqn8ZrjrYl8bBHOKU2Dx/s320/tecnologia.300409.sediarotelle.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5552701106070077730" /></a><br /><br />Io so come ci si sente. Conosco la strada della forza e la forza della strada. Ho visto tanti andare via, qualcuno è rimasto sulla soglia, qualcun altro ha proprio salutato e punto. Mio padre ha deciso che il suo cuore era troppo grande per quei tempi sbagliati. A undici anni, non la presi bene. Credevo volesse punirmi perché avevo detto parolacce e bugie, credevo ce l'avesse con me per quella volta che ho ammazzato i pulcini che mia zia teneva nella vasca da bagno. Mia madre è rimasta, per fortuna. Non camminava, però. Non muoveva le mani. Non muoveva niente. E io credevo che fosse colpa mia, perché si è ammalata dopo il parto. E invece era un dono d'amore: la sua immobilità in cambio delle mie gambe robuste, la sua malattia in cambio di una vita speciale: la mia. Sclerosi multipla, la chiamano. Per i dottori è un campo minato di teorie, una sfida persino avvincente. Per i parenti è qualcosa che fa male, di giorno perché non vivi tu, di notte perché vorresti che vivessero loro, prendendo in prestito il tuo corpo dormiente, ma mai veramente riposato. L'ho vista diventare una pianta, ma era la mia pianta meravigliosa, un'orchidea di sentimenti purissimi, una quercia robusta e profumata, legno e foglie per scaldarmi, linfa e frutti per nutrirmi. Lo so, una quercia non dà frutti, ma avete capito il senso. Tumore al seno, lo chiamano. Perché la sclerosi non la piegava abbastanza. E i dottori si sono affannati a dirmi che dovevo essere forte. Io so come ci si sente, quando qualcuno in camice bianco ti dice le cose che sai da sempre. Ci siamo nutriti l'uno dell'altra, simbiotici come un parassita e il corpo ospite, scambiandoci di ruolo ogni momento. Io seduto, lei in perenne movimento. Scriveva poesie sulla lavagna della mente e le faceva copiare su carta a una sua amica, perché si vergognava del figlio parolaio, che magari avrei avuto da dire sulla metrica o sbuffato per i contenuti. Erano belle poesie. D'amore, perfino. Quando sono andato a trovarla, l'ultima volta, ho sentito un rumore dal corridoio della clinica. Proveniva dalla sua stanza. Un infermiere, con delicata esperienza e dovuta indifferenza, tirava su la chiusura lampo di un sacco nero. Dentro al sacco, non c'era un soldato, ma qualcuno di ben più eroico: c'era lei. Il giorno prima, aveva detto che bastava, che andava bene così, che io ero a posto, grande e grosso e realizzato, con accanto una donna che si sarebbe presa cura di me. Era vero. Ma non ero pronto. Non si è mai pronti, per certe cose. Ho urlato senza piangere. Le lacrime sono scese verso l'interno. Mi hanno protetto il cuore con un guanto di ghiaccio. Ed era giusto così. Poi ho provato a vivere da protagonista, lasciando il ricordo di lei a solleticarmi il cuore con unghie da criceto gentile. Ricordo le sue gambe gonfie, la ritenzione idrica, le pasticche inutili. Ricordo i debiti con le banche, con qualche amico affettuoso. Ricordo le volte che non sono potuto uscire la sera. Ricordo le ragazze che sono scappate, dopo averla conosciuta. Peggio per loro, lo penso davvero. Si sono perse la possibilità di crescere accanto a una grande figura del Novecento, che Freud e Picasso erano soltanto un impiccione fetente e un disegnatore scadente. Io vengo da lì. Mi sono abbeverato a quella fonte, ne ho ricavato forza da vendere. E l'ho venduta, infatti. L'ho messa nelle mie storie, travestendola col nome generico di fantasia. Ma il più delle volte, quella forza, l'ho regalata. E continuo a farlo. In cambio, spesso, ho avuto la sensazione di non essere capito e creduto. Tu non sei vero, tu non esisti, tu mi entri nella testa, tu mi stordisci il cuore. Tutto vero, per carità. Sono una bomba di umanità, lanciata contro persone inermi alla confidenza, diffidenti verso il mondo. Eppure, dopo che sono passato a un metro da loro, qualcuno ha capito. E mi ha sorriso. E mi ha detto grazie. E mi è bastato. So come ci si sente a essere il bambino speciale, il figlio della signora sulla sedia a rotelle, il ragazzino bravo a scuola senza alcuno sforzo, l'amico che capisce, l'amante che esplora un corpo ogni volta come se fosse il primo e l'ultimo. La sensibilità non è mai gratis: la si paga, la si pagherà. Ma ne vale la pena, credetemi. Sono una radio sempre accesa, un brusio di fondo di un canale sintonizzato male, ma che trasmette la musica degli angeli. Sono un telepate emozionale ed emozionante, un gatto che sa già quando verranno i tempi duri ma che non se ne va. Non ho bisogno di nessuno, per splendere, perché ho il mio serbatoio interno che va a benzina antica, quella che mia madre stipava ogni giorno, quasi fosse la mia donna, o una mia amica. Ma ho bisogno di te. Che sei nel mio mondo da sempre, che non ti stavo cercando perché ti avevo già trovata. Io so come ci si sente, ad avere paura di perdere qualcuno. Ma so pure cosa vuol dire avere un bonus d'amore da spendere al mercato della vita. Tu sei il segreto della mia forza dolce e praticamente infinita...Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com18tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-50085977183973321592010-12-18T13:34:00.001+01:002010-12-18T13:35:35.752+01:00L'origine della vita interiore<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHqjKnpU2qrwPaVU3eed_yolwPOa-H7PORRRoTgBZ6ZmhFUNJOJGY7E8qSy-y9gfRUiGTI6VfyHdKtL6Rh6DiesDxVIfUTm_skfbTsbcLfp_1ukANlfCY0uQN5u6uA9mJ45LbBnlrweSN9/s1600/gozzano_cum_fele.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 217px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHqjKnpU2qrwPaVU3eed_yolwPOa-H7PORRRoTgBZ6ZmhFUNJOJGY7E8qSy-y9gfRUiGTI6VfyHdKtL6Rh6DiesDxVIfUTm_skfbTsbcLfp_1ukANlfCY0uQN5u6uA9mJ45LbBnlrweSN9/s320/gozzano_cum_fele.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5551999975280507058" /></a><br /><br /><br />Joyce aveva una casetta carina, comprata coi soldi del padre. Ma lui si alzava presto, la mattina, per scrivere pagine e pagine senza alcuna punteggiatura. Il genitore, dalla tomba, scuoteva la testa: non era quello, che a James avevano insegnato a scuola, ma in fondo era un bravo bambino. E un innovatore può anche passare per un idiota, in nome della perfezione del monologo interiore.<br />Gozzano da piccolo aveva una gallina di nome Cassiopea. Suo nonno lo guardava preoccupato: non era così che si costruiva il fisico e lo spirito di un medico soldato. Ma era un ragazzino minuto e gentile, capace di tacere per ore anche quando aveva molte cose da dire.<br />Kerouac aveva un nome per esteso che pretendeva da lui un futuro da moschettiere, da ginecologo o – almeno – da notaio. E cominciò a uscire troppo, la sera, e a tornare a casa col sorriso di chi ha fatto marachelle confondendole con la vita normale. Ma ascoltava le storie dell’Ombra alla radio, insieme a sua madre, rapito da quelle voci baritonali dall’intonazione micidiale. <br />A sette anni, Ungaretti era bravo a impastare il pane con le sue mani piccoline. Fu al forno di famiglia che imparò l’economia della frase: poca farina, tanta acqua e un po’ di lavoro, una croce sulla pagnotta calda in attesa della lievitazione, occhi chiusi a fessura e feroce determinazione.<br />Siamo nati per caso, ma siamo fabbri di destini, architetti di traiettorie di vita, mondine di emozioni, minatori di stupore, contadini di noi stessi, sempre chini sul terreno incolto di un amore mai completamente vissuto, mai completamente risolto.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-79657501094050943112010-12-14T22:41:00.002+01:002010-12-14T22:43:46.679+01:00Songwriter<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMLtaac7Lxi3en5rlRHAxrlpLB8qiWwD6yWVX7VJYbSrQagPp8BHDeJwG_2nZCQ7CoAAoUYJ_IdGwQ8dZSyS5er45ac8sHO1pHN7SLJC7bNIkLtpETFquk5rlhihBa095XaFO-8FfFcLYG/s1600/Singer+Songwriter.gif"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMLtaac7Lxi3en5rlRHAxrlpLB8qiWwD6yWVX7VJYbSrQagPp8BHDeJwG_2nZCQ7CoAAoUYJ_IdGwQ8dZSyS5er45ac8sHO1pHN7SLJC7bNIkLtpETFquk5rlhihBa095XaFO-8FfFcLYG/s320/Singer+Songwriter.gif" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5550656891832372994" /></a><br /><br />La minore, mi settima e ci ammazzi anche un cavallo, con la tristezza di certe canzoni. Sono uova di lompo andate a male, da finirci in ospedale senza passare per il Via. Perché il Monopo.ly era più bello una volta, con le casette e le pedine di legno e il tabellone e i soldi più carini. Il compositore ardente sa che De Gregori è bravo, ma lui lo trova sopravvalutato. Non può dirlo alle riunioni di partito, ma può dirlo allo spartito, sporcandolo di note oblique, sudamericane come certi culi di marmo bianco. Guccini è triste come una madonna che piange sangue. De Andrè è un poeta, ma il rapimento l’ha ucciso prima di morire. Rino Gaetano non si può sentire. Paolo Conte è blasè, che è un termine francese per indicare la puzza sotto il naso. Lui sì che avrebbe tanto da dire. Ha scritto quella canzone, quella volta che lei l’aveva lasciato per un tipo del nord. Anche lei era del nord, ma col cuore sudista. La canzone parlava di viaggi e stanzette, abitate insieme, di canti di serene (gli occhi di lei), di amplessi frenati, di bocche fragranti e avanti e avanti. La sentì un produttore di Catanzaro, che fece sì con la testa e no col portafogli. Allora lui la iscrisse a un festival, che non vinse, ma fece un passaggio in radio che non poté ascoltare, perché l’apparecchio era sintonizzato male. <br />Il compositore ardente prende la chitarra folk e prova un fingerpicking che paga un tributo al country. Ne viene fuori un lamento di corde straziate, qualcosa che paga un tributo alle grida che seguono la tortura del sonno o della goccia cinese. <br />Lui sorride e pensa che fare i conti col proprio talento può mettere un uomo di fronte a uno specchio sormontato da un neon e tirare fuori dalle rughe di espressione una zampa di gallina spietata. Il tempo passa e la canzone migliore non è ancora stata cantata.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-45321425985677736502010-11-25T19:43:00.002+01:002010-11-25T19:47:08.521+01:00Letti di spine<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhb9obqWAjP0mrSKPaCi2BDy7L0iE9qYqfwirMhaa05l3TEB6urVDzNfmTAcmSo1Z0qReoZIGS1uCIJNhFiMLzADbGwWw58qDQ4FUvn4HnLn2VsmUUVRp6X-mZCv3zSxyBUDhSWuGXXF7FM/s1600/aspirante+scrittore.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 212px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhb9obqWAjP0mrSKPaCi2BDy7L0iE9qYqfwirMhaa05l3TEB6urVDzNfmTAcmSo1Z0qReoZIGS1uCIJNhFiMLzADbGwWw58qDQ4FUvn4HnLn2VsmUUVRp6X-mZCv3zSxyBUDhSWuGXXF7FM/s320/aspirante+scrittore.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5543560759929329554" /></a><br /><br /><br />Averne, di delusioni d’amore.<br />Pensa il poeta contadino, quello che ammazza le serate a colpi di tressette, che non si fanno i segni e tua sorella è una zoccola mai come tua madre però.<br />Sono piene di spunti, le delusioni d’amore, roride di occasioni di canto. Uno normale ci piange, sul rifiuto di lei, sulla manifesta ingiustizia di come vanno le cose. Il poeta contadino, invece, ha rughe profonde di concentrazione, sopracciglia cespugliose inclinate come grondaie esauste e mani che con un dito ci pesta almeno due tasti di fisarmonica. Prende un mozzicone di toscano, un mozzicone di pane, un mozzicone di matita e scrive:<br /><br />Odorosa di stelle <br />la notte nordista.<br />Apristi le gambe<br />Ci persi la vista.<br />Girata sei vacca,<br />In piedi cavalla<br />Sdraiata giumenta<br />Su letto di stalla.<br />Ti canto distratto<br />Da altre sorelle<br />Migliori di fianchi<br />E di crude mammelle.<br /><br />Muoio d’amore.<br />Pensa lo scrittore metropolitano. Segue ogni giorno quella ragazza, armato di moleskine e sorrisi ferini. Lei si chiama Carmela, viene da Messina, indossa gonne strette per esaltare curve pericolose e spera non si noti la sua scarsa abitudine ai tacchi dodici, messi sotto al metro e cinquantasei di donnina per arrivare al minimo sindacale che Milano richiede in zona stazione centrale.<br />Lui prende una penna mozzicata, apre il suo moleskine hemingwayano e scrive, con cognizione di causa.<br /><br />“La ragazza mi rifiuta, sorpresa dal mio ardire. Per lei sono una banconota falsa, un posteggiatore abusivo, qualcosa che esiste per convenzione, un tentativo di frode. La costanza va premiata, però. È la regola. Ce la insegnano a scuola, la ripetono a ogni occasione: impegnati, ragazzino cresci ragazzo suda che sei uomo e non rompere i coglioni la pensione non ci campi tumori e radiazioni. Si è voltata, credo mi abbia visto, persino guardato. Ho i capelli interrotti da squarci di alopecia, come campi arati male o ex giardini profanati da mine anti-uomo. Non sono più sicuro del mio odore personale, in bocca ho un ristagno da crescerci i girini, le mani garantiscono sopravvivenza ai pesci, le scarpe non le tolgo di sicuro, nemmeno per fare l’amore con la mia piccola dea. Perché è piccola, si vede. Una piccola pattinatrice della stazione centrale di Milano, con tacchi da domatrice di formiche. Mi attrae la sua decadenza, in fondo. La forza di gravità si è accanita contro le sue forme, rendendola più budino che donna. Ma quando sorride io vedo scritto nel cielo il prefisso di dio.”Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-5718898957352757929.post-91039246772536387752010-10-07T16:12:00.002+02:002010-10-07T16:17:14.671+02:00file temporanei<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrXufmowD5O7s2UG-W5qhf-rREQ1evsjtBkAVVKLQXr-9ibT1aIbA9MpA3gV7_-G7iVIPycyQPMFKMIAPwvVS9Y78Ii9ED35cTKHJI0ynPo7_K8FbeOi-9LCpMfNJ8NlEKZssmLz4kVVsG/s1600/gabbia.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 270px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrXufmowD5O7s2UG-W5qhf-rREQ1evsjtBkAVVKLQXr-9ibT1aIbA9MpA3gV7_-G7iVIPycyQPMFKMIAPwvVS9Y78Ii9ED35cTKHJI0ynPo7_K8FbeOi-9LCpMfNJ8NlEKZssmLz4kVVsG/s320/gabbia.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5525307961293403698" /></a><br /><br />Il cuore sanguina gratis. <br />Non chiede pietà, cerca adrenalina, sale scale mobili al contrario, surfa dentro il cono dell’onda, incurante del pericolo.<br />Questo pensa Gino de Paolis, detto Palletta, poeta metropolitano di 28 anni.<br />Il cuore è una merda.<br />È una gabbia aperta, vuota da un secondo, che ancora puoi vedere qualche piuma svolazzare e l’acqua tremare nella sua vaschetta.<br />Questo pensa Isabella Cartoni, bellezza in controtendenza, coloratissima in un’epoca in cui il nero è il vestito del ballo e della festa.<br />Si scrivono interminabili lettere d’amore. Perché è giusto così. Una lettera d’amore non è mai finita veramente, che hai sempre qualcosa da aggiungere, soprattutto se sei un poeta sovrappeso o una delizia di ragazza senza nessuno da amare. Si danno appuntamento che già si piacciono, per cercare la conferma della pelle. Lui ha messo un dopobarba al mentolo che lo senti arrivare prima che esca di casa. Lei ha messo un sorriso fresco, di quelli che si ferma la rotazione terrestre e gli astrofisici chiedono fondi alla ricerca per studiare il fenomeno di un mondo pieno d’amore incandescente: rifrazione spontanea sensuale, pare si chiami. L’imbarazzo dura un momento, poi lui dice:<br />- Sei più bella, da viva.<br />Il sorriso si fa risata, rimbalzano pezzi di felicità oltre i confini della periferia di Roma, uccisi in volo da uno shrapnel ricolmo di bellezza e di cose buone.<br />Passeggiano e vorrebbero fermarsi, parlano e vorrebbero tacere, si sfiorano apposta senza farlo apposta, danzano: pavone discreto lui, farfalla opalescente lei. Per la musica: il Palletta pensa a Michael Jackson, che tanto non è morto, con un pezzo a scelta tra Man in the mirror e Human nature. Lei arpeggia mentalmente Horizon dei Genesis, che odia Michael Jackson, a meno che non piaccia a lui.<br />Lo scrittore di romanzi rosa si alzò dal tavolino e chiuse word, non salvando le modifiche. <br />Perché campare va bene, ma a spese dell’amore degli altri proprio no. <br />Anche se gli altri non esistono, quell’amore da qualche parte vive e splende.<br />Banalizzare è un lavoro da infami, oltre che un mestiere infame.<br />Lo scrittore che scriveva di uno scrittore di romanzi rosa sorrise cattivo. <br />Stampò il file, lo rilesse e poi invitò a cena quella ragazza conosciuta a quella festa dopo la presentazione del suo ultimo libro. Aveva le sue possibilità di farsela, ma nessuna possibilità di piacerle davvero. Tutto sommato, un pareggio mica male, buono per continuare ad aspirare alla champions league dei pezzi di merda.Lollohttp://www.blogger.com/profile/08246394648215793123noreply@blogger.com7