martedì 19 luglio 2011

scrittori maschi, scrittrici femmine...



Unendo tutti insieme i fogli formato A4 che ho riempito di parole in 24 anni di lavoro, credo sia semplice, camminandoci sopra, percorrere il giro del mondo. Questa premessa serve per dire che io posso non essere uno scrittore bravo, considerato o da considerare. Ma scrivo. Altri, invece, hanno un ego che il giro del loro mondo io non ce la faccio proprio a farlo. E scrivono, pure loro. Se sono maschi, scrivono così:

Freddo.
O troppo caldo.
Normale, mai.
Mia nonna fa la pastiera con la ricetta di sua nonna, mettendo quattro generazioni tra la sua esperienza in cucina e quella che io quando assaggio quel capolavoro. Ho sette anni, però.
Non sono così piccolo da non capire quanto vale una pastiera del genere.
Freddo, dicevamo.
Poggio i palmi delle mani ai vetri della cucina e ci rimane l’impronta.
In quella traccia trasudata, trasogno e trasalgo.
Rivedo un tram, in una fredda mattina di febbraio.
Io e mia nonna, su quel tram, stiamo andando a visitare una chiesa del centro di Roma. Non so perché. Una chiesa a settimana, da tutta una vita. Sette anni di chiese, pochi giorni di guai. E niente che una buona pastiera non possa risolvere.
Caldo, adesso.
Perché i ricordi sono roba calda, anche se non piacciono tanto al giovane Holden.
Che tutti volevano che Salinger morisse, per poterne parlare male come uomo, visto che come scrittore sono tutti figli suoi.
Il tram rallenta, tra uno stridio di freni. Io mi riscuoto da un sogno galleggiante. Un sogno nel sogno è un portachiavi magico. Sognavo di mio padre, di quando andavamo a pesca di trote al laghetto sportivo. Muratti e pazienza, che abbocca alla lenza la trota grassoccia. Facciamo bisboccia.

Le femmine, invece, scrivono così:

Sento una lama nello stomaco, quando rivedo Marco. E ripenso a quelle sere d’estate in cui simulava il mio orgasmo, pensando a raggiungere il suo. Mi hai usata, lasciata, tradita, ripresa. Mi hai messo in un angolo, puntaspilli il mio cuore e tu giovin signore con lo spadino sempre in mano. Ma sono viva e vedo gente. Sento la mia umidità relativa che innaffia giardini di ragazzi migliori di te. Sento il loro afrore di maschi e vedo quei sorrisi micidiali insorgere come brina su bocche carnose. E capisco di avere un potere, su di loro. Quel potere che mi toglievi a letto, al ristorante, in mezzo alla gente, durante le ferie, quando mettevi dei paletti da scout geniale tra il tuo mondo erettile e il mio impero di provincia, un buco da riempire soltanto se ne avevi voglia. E delle mie, di voglie, vietato parlare. La Bibbia ti dava ragione, tua madre lo stesso. Sento una lama nello stomaco, ma il canto del Lama mi aiuta a fare quello che avrei dovuto fare due anni fa. Ti sputo in faccia, come un lama. E sono felice.