martedì 24 luglio 2007

Punishing kiss






Caffè e cornetto, totocalcio e totip, flipper e Space Invaders: la vita di Giovanni, detto Kamasaro, procede a coppie fisse come gli schiaffi, quelli che non diventano mai dispari.
Fuori dal Bar 2000, si accende le Marlboro dure con i fiammiferi svedesi. Che poi, a pensarci bene, 2000 è due volte 1000, e stiamo parlando di un anno di là da venire, talmente lontano che ci saranno robot a coppie, se non a doppie decine di migliaia.
Anche la ragazza arriva da lontano, nel senso che scende giù da Viale Furio Camillo e all’inizio è un punto bianco e nero dall’andatura promettente. Kamasaro ingoia il fumo con foga ordinata e dalle due narici escono sottilissimi scarichi, da doppia marmitta efficiente.
Lei si sta avvicinando e le promesse diventano concrete realtà. I seni sono sodi e sfidano la gravità della forza medesima. Le gambe tornite e belle danzano tuca-tuca su zeppe trampolate. E gli occhi. Due. Azzurri. Vispi come un Campari doppio, con due cubetti di ghiaccio. Il Kamasaro prepara un approccio classico e uno originale, mentre lei passa oltre e mostre due chiappe da pesca giallona inzuppata nel vino. L’approccio originale ha facilmente la meglio per due a zero e il nostro articola la seguente frase:
- Scusa... sto preparando l’aggiornamento dell’Elenco del Telefono e mi manca il tuo numero.
Lei si volta, sorride e fa partire il suo contributo alla storia di questa storia:
- Io ti conosco.
- Davvero?
- Sì. Sei il romano medio, quello che non fa un cazzo, che vive fuori al bar e dà fastidio alle ragazze con un bel culo. Sei tu?
Il Kamasaro valuta attentamente e scuote due volte la testa.
- No.
- E chi sei, allora? Stupiscimi.
Il Kamasaro sorride, trasformando la Marlboro in un proiettile tracciante, che fa due rimbalzi sull’asfalto e poi muore.
- Campione di Flipper e di Space invaders, licenza media presa in sei anni, due sorelle estetiste, una madre, che però si è sposata due volte e quindi vale doppio. Due cani, due gatti.
La ragazza si avvicina e valuta il coatto. Parte un bacio dispari e il Kamasaro capisce che niente ritorna, perché tutto parte per destinazione ignota, con un biglietto di sola andata. Il Bar 2000 partecipa al bacio con la colonna sonora di una radio privata:
- Da Egle a Paoletto: Just the two uf us...
E non c'è niente da capire.

lunedì 9 luglio 2007

Mitologia romana





Col pieno di benzina e l’arbre magique nuovo se po’ gira’ tutto er monno. E m’accompagno da me.
Questo pensava Orlando, detto Ulisse per via di un’astuzia presunta e di una leggendaria capacità di non trovare quasi mai la strada di casa. Il doppiamente epico personaggio vagava tra via Prenestina e via Tuscolana, sfruttando il varco dimensionale segreto del Mandrione, zona tanto cara a Pasolini e ad altri intellettuali di sinistra, che però non ci avevano mai abitato. Un’ambientazione da sforneeeescion, con tanti Ninetto Davoli dal sorriso sghembo e pochissimi fornai in bicicletta. Ulisse sorrideva sicuro, le mani alle dieci e dieci sul volante dell’Alfa 33, cane Argo praticamente senza marmitta che obbediva a lui e a lui soltanto. Poi, il dramma. Davanti al baretto di Salvatore, calabrese di origine protetta, c’era appostato Zanna. Impossibile ignorarlo, sconsigliabile passare oltre. Ulisse organizzò il suo sorriso da guardachiccètestavopecchiamàio, parcheggiò l’alfa con colpo di coda da gatto annoiato e scese al volo, simulando spalle grosse e voce da sceriffo di vecchio corso.
- Ciao, Zanna. Come butta?
- Butta che me devi rida’ trecento sacchi.
- Domani pomeriggio va bene?
- Oggi pomeriggio va meglio.

Zanna aveva sorriso solo una volta, al funerale di suo zio Palomba. La chiusura della cassa aveva aperto un asse ereditario interessante per le sue finanze.

- Vabbe’. Oggi pomeriggio ci rivediamo qui, alle sette.
- Sì. E ricordete ‘na cosa, Ulisse.
- Cosa?
- Se non paghi, io non me la prendo co’ te, ma co’ quella biondina che te schiacci da due anni. Chiaro?
- Chiaro. Ma non ti devi preoccupare.
- Io non mi preoccupo mai. Quello è il tuo, di ruolo.

Ulisse annuì e partì alla svelta con il suo cane Argo, lasciando una generosa mancia in pneumatici al buon Salvatore, che si mangiava con gli occhi una pizzetta con l’anduja e una signora di quarant’anni che ne sapeva tante. Femmina piccante, pigliatela per amante.
Ulisse intanto pensava che trecento sacchi si potevano trovare. La biondina che si schiacciava si chiamava Miriam e faceva la logopedista in una clinica privata. Avrebbe protestato un po’, certo, ma poi avrebbe chiesto un anticipo sullo stipendio di ottobre e tutto si sarebbe sistemato. Col cazzo. Miriam l’avrebbe lasciato in tronco e Zanna avrebbe giocato a tris sulla bella schiena di lei.
Via Tuscolana prometteva traffico e sensi vietati, per cui Ulisse impegnò la via Appia con la velocità di Fittipaldi, in uscita dai box dopo un cambio gomme: in palio, il campionato di Formula Uno. Non vide la signora anziana, ma avvertì il distonico urto tra metallo e ossa. Scese a prestare soccorso, simulò un malore, rispose alle domande dei vigili, si assunse la colpa, compilò un Cid (altro personaggio mitologico mica da ridere...) e incidentalmente si mise in tasca la pensione della vecchiaccia: quattrocentottantamila lire.
Perché la vita è ingiusta, ma è piena di grandi opportunità. Trecento sacchi al Zanna e weekend a Ostia, Hotel Girasole, con Federica, che aveva beccato in discoteca un paio di settimane prima.

Stacco. Dalle parti del Lido di Ostia, qualche giorno dopo i fatti.
Federica indicò un posto in mezzo al nulla e disse che lì c’era morto Pasolini.
Ulisse mise su l’espressione di circostanza e disse che la Roma aveva preso Cerezo.
Due marziani, che avevano appena comprato il cornetto del giorno prima, si tenevano per mano.

mercoledì 4 luglio 2007

L'estate di San Martino






- Quanto la fai la pizzetta rossa con la mozzarella?
- Mille e cinque.
- E senza mozzarella?
- Vai dal fornaio e te la compri. Risparmi pure...
- Quanto me lo metti un caffè?
- Guarda, giusto perché sei tu, ottocento lire.
- Un caffè, allora. Macchiato freddo.
Che per campare tocca fare buon viso a cattivo gioco, come Trapattoni l’anno dello scudetto all’Inter. Telefono a Mario:
- Mario, domani portami dieci litri di latte in più.
- Ti serve?
- No. Ci riempio la vasca per la mia ragazza.
- Allora è meglio quello scremato.
- Mi serve, Mario. Dieci litri in più. Hai segnato?
- Certo. So come si fa il mio lavoro, che credi?
Credo che Dio sia morto dopo averci creato. Credo nel sorriso di mia madre, mentre ritira il bucato e lo annusa per bene. Entra una ragazza:
- Buongiorno. Vorrei una Cedrata Tassoni.
- Non ce l’ho.
- Un Chinotto Neri.
- Niente da fare. Ma complimenti, davvero. Lei è un’intenditrice di marche rare.
- Mi dia un sanbitter e dell’aranciata amara, allora.
Questa non la sentivo da un pezzo. Dio esiste, è in un mezzo toscano, in un panino con la mortadella alle sette di mattina.
- Che c’hai una cartina?
- Perché? Ti sei perso?
Chiudo la saracinesca e vado verso casa, schivo cacche di cane di consistenze strane, infilo la chiave nella toppa ed entro. Accendo la luce, almeno quella. Perché il resto è buio fitto. Ho smesso di fumare e non c’è niente che mi scandisca il tempo, se non il rumore di fondo di un mondo nato male, uscito per i piedi dal ventre di qualcuno che ha maledetto ogni giorno il frutto del suo seno. Piange il telefono:
- Ciao, sono Maria.
- Ciao. Che fai, ceni con me?
- Ho già cenato.
A questo punto, non me la sento di chiederle se vuole scopare. Il gentiluomo tace, urla e biancheggia il mare.