giovedì 22 novembre 2007

Non era la mia guerra





C’è lei che dice sempre che non beve vino, ma se gliene lascio un po’…
Come per il caffè, che giusto un dito dal tuo bicchiere, non zuccherato.
Aspetta i miei slanci, ma non li incoraggia, come una maestra un po’ delusa dal suo alunno migliore. L’ho scelta tra due candidate al concorso del mio scalpo di scapolo, in un anno in cui le vacche erano magre e pure un po’ pazze.
E baci a mille sotto ai portoni, i cappotti sferzati dal vento sollevati da mani impazienti. Fuori tutte le sere, a far finta di andare fuori. Io leggevo Spillane, lei Richard Bach. Provammo a fare a cambio, ma non funzionò granché: troppe poche pupe spietate e troppi gabbiani saccenti. Poi andiamo a convivere, perché è un'esperienza da fare. Lei attacca foto di gente estranea su pareti che credevo mie e riempie il frigo di cibi da femmine. Niente capocollo, molti yogurt. C'è crisi di mortadella, ma un trionfo di cavoletti di Bruxelles. Che poi dice che in Belgio si soffre di una solitudine inconsolabile: ci credo.
All'improvviso, la mia musica non va bene. Che ci troverò in quelle chitarre distorte? Il canto del lama, invece, ti rimette al tuo posto nel mondo. Io non mi fido, perché i lama sputano, è risaputo. E il mio posto nel mondo mi piaceva di più prima. Era una nicchia invisibile, coperta da cellophane spiegazzato, quello che ci foderavi male i quaderni delle elementari. Era un posto pieno di nebbia, che invece a guardarlo bene era fiato rappreso, cristallizzato in volo da una giornata di quelle fredde in cui Roma è un parcheggio dell'Ikea pieno di monumenti e scippatori.
In mezzo, di lato, dovunque, c'è la vita di tutti i giorni. È una cosa enorme, pesante, faticosa, difficile perfino da dire, come uno di quei segreti che uno sceneggiatore americano ci campa per tre film. È roba di ossa lise, di piegamenti per raccogliere calzini sporchi, di cassetti pieni di ricordi talmente antichi da sembrar reperti. La fila dal dottore, chi è l'ultimo, speranza riposta in un superenalotto rancoroso ma sognante, pasta cattiva alla mensa aziendale, telefona a tua madre, telefono a mio padre, passa a prendere la roba in tintoria, rinnova il documento.
Lasciami stare.
Ho mangiato verdura e bevuto latte dopo Chernobyl, ho diviso traiettorie urbane con Jack Lametta, ho partecipato ai fumerali di Berlinguer e a quelli di un mio amico giovane.
Lasciami stare, o scateno una guerra che nemmeno te la sogni…

20 commenti:

Cirincione ha detto...

No, cioè, già prima di leggere commento, questo è in assoluto il mio racconto preferito... standing ovation per Lollo!!
E ora, prima che le parole del tuo racconto vengano a prendermi: sono io che vado a prenderle!!

Lollo ha detto...

Con te, un po' di sano John Rambo sfonda una porta aperta, vero? Ciao, bello del prof!

lula ha detto...

ma questo è un racconto? sembra più un inizio. o forse un monito al genere umano, chi lo sa. però mi piace.

m.

Spiridion ha detto...

Bisogna essere ben più forti di John Rambo per sopravvivere ad una vita che ci stritola a poco a poco ogni giorno..

Ma il nuovo corso di scene poi quando comincia? Quando facciamo gli ospiti di un certo livello?

Il Gabbrio ha detto...

Il tuo posto nella vita è come al cinema, che se hai culo di beccare quello migliore, ti si siede davanti un cristo di due metri e allora, o ti metti da solo tra le coppiette pomicione o davanti che ti si spezza il collo...

Scusa prof, ma oggi sono un pò triste...

Il racconto è magico, mi ha fatto pensare a tante cose!

Greta Bartoli ha detto...

Cara, nuova, vecchia amica lula, credo che il mio sia un racconto. Proprio perché è un inizio. E un monito alle coppie sedute, nate stanche. E' da consumare insieme a quello chiamato Paolo il caldo, preferibilmente in tazza piccola, così da non disperdere gli aromi e i sentori di pochezza. Un giorno di questi, vincerò la pigrizia e ti linkerò, perché è giusto e doveroso rimbalzarti qualche prezioso lettore. Perché io ai miei lettori ci tengo e voglio che leggano soltanto cose belle. Come le tue.

-harlock- ha detto...

"Fuori tutte le sere a far finta di andar fuori" è bellissima ed è indubbiamente la frase chiave, per me.
Il paradigma, direbbe qualcuno.
Esprime in maniera inequivocabile sia l'insensatezza del fare le cose controvoglia solo per dire che le si è fatte, sia l'equivoco che per riuscire a fare qualcosa di diverso dal solito si debba uscire fuori, o fuori di sé. Che a volte l'Io in certe coppie è come gli ospiti, che sono come il pesce.
Cazzo, m'ha messo un' amarezza...
Bello, molto.

Il Gabbrio ha detto...

Un momento...se clicco sul nome "Lula" non mi esce nulla...ci ho provato anche prima...ha un account con un altro tipo di blog? aspetto il link!

Stefano ha detto...

come incipit sarebbe perfetto, ma è talmente denso (oserei dire come una cioccolata calda come cristo comanda) che sta benissimo così
sto cercando di scopiuazzarti, ma la vedo sempre più dura!
ciao!

lula ha detto...

oddio lorenzo, non merito niente del genere. davvero, credici, gabbrio. però, grazie di cuore. certe cose fa bene, sentirsele dire.

m.

Lollo ha detto...

Grande Lula, l'onore è tutto mio.
@Infinito: Un paio degli ultimi John Doe sono stati erroneamente attribuiti a Roberto e invece erano miei. Pensa che l'errore in questione non mi è affatto dispiaciuto, perché il mio ego è davvero in pace con se stesso e perché il mio nome è stato sostituito - a parer mio - da quello di uno dei migliori autori di fumetti degli ultimi cinque anni.
E poi, quasi tutto Trapssati Inc. su Skorpio lo scrivo io accettando una sfida da 60-90 pagine al mese, con almeno 4/5 idee "originali" da metterci dentro. E la chiudo qui, perché qusto blog, come ben sanno i suoi abituali frequentatori, non vuole fare opinione né offrire rimbalzo a polemiche. E' un blog di racconti. Puoi dire che non ti piacciono e - se ti fa piacere - spiegarmi anche il perché. Altrimenti, se dovessero incontrare i tuoi gusti, puoi continuare a seguirmi tranquillamente e contribuire al mio percorso di ricerca letteraria.
Grazie

RRobe ha detto...

Bel racconto Lorenzo.

RRobe ha detto...

Oddio le lacrime :rotfl:

Si consiglia da solo :rotfl:

Lollo ha detto...

Master is back!

Skiribilla ha detto...

Com'è vero che a volte succede così. Oltre al "sedersi", dovuto all'abitudine, improvvisamente diventano difetti cose che prima piacevano e si fa di tutto per cambiare l'altro/a.
"Lasciami stare".
Arriva come uno schiaffo. O come una pugnalata, visto il disegno di Carnevale.
Ti ho letto ieri e ogni tanto me la ripeto, quella frase, che in questo periodo in cui mi sto liberando di tanta zavorra è così giusta, ma così giusta....

Greta Bartoli ha detto...

Respira, Skiri... e rilassati. Il prossimo raccontino sarà più "leggero", di quelli che ti strappano una risata. Baci

Matta ha detto...

oddio!
se non fossi così emozionato dal racconto, potrei anche essere infastidito dal fatto che anche in questo blog-oasi di pace "letteraria", sono arrivati i "molestatori del web".

ps: sappi che ho ricevuto l'invito. e sto meditando seriamente di venire apposta a roma per l'occasione...

Anonimo ha detto...

questo racconto è molto bello. sono entrata nel suo mondo dalle prime righe. ha un ritmo vorticoso, e profuma di stoffa, di pioggia. è melanconico e ti lascia sospeso a metà fra la vita che stai leggendo, e la tua. complimenti, tornerò.
http://fortunata.splinder.com

Greta Bartoli ha detto...

Grazie, fortunata. Bellino il tuo blog! tornerò anche io a farti visita. Lorenzo

Anonimo ha detto...

ammazza come scrivi bene, lì'ultima frase è bellissima, i primi tre fatti di cronaca li ho vissuti anche io. BRAVO. Laura