mercoledì 28 gennaio 2009
Vengo da lontano
Ho dormito su treni che odorano di gente perdente. Ho vinto al lotto, ho perso tempo, ho pareggiato un conto ed estratto un dente. Ho parlato con gente che non capiva il linguaggio orale, ma solo accidenti e testate. Ho riso a un funerale, pianto a un battesimo, sono rimasto neutro davanti a una donna nuda. Mi sono entusiasmato davanti a un titolo di Neruda: Confesso che ho vissuto. È di questo che sto parlando, in fondo. Dei danni collaterali che procura la rivelazione che al mondo esiste qualcuno un passo avanti a noi, qualcuno più bravo a ballare, a correre, a godersi un panorama e lo zucchero filato, a guardare e a essere contemplato. Il trucco è nelle mani veloci, che fanno sparire carte e comparire monete, mentre Silvan sorride, schiavo e padrone del suo parrucchino. La televisione aveva canali che li potevi contare sulla punta di due dita, mia nonna faceva pastiere e invocava dentiere, ma non si perdeva il momento più bello: famiglia riunita, e fin qui ci vuol poco… Natale in casa Cupiello, da ripetere per gioco, come una conta infinita. Uno, due e tre, chi non ha fatto, resta a me. E in questo nascondino da professionisti, io cercavo riparo nei soliti interstizi, tra le pieghe degli Anni Settanta, mentre Johnny Dorelli presentava Gran Varietà e Gloria Guida invocava la differenza di età. Sono scappato davanti a maniaci inesistenti e ho permesso a molta gente di chiamarmi amore, alla ricerca di un tempo mai nato, di uno iato tra fare sesso e trovare lei. Adesso io ci sono, adesso tu ci sei…
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